Il Gruppo d’Intervento Giuridico (GrIG) ha inoltrato un atto di intervento nell’ambito del procedimento di valutazione d’impatto ambientale relativo al progetto della centrale eolica “Impianto di Telti” da parte di Enel Green Power s.r.l. in Gallura, nei territori comunali di Telti e Calangianus. Un nuovo progetto in un territorio in cui ce ne sono altri quattro (Aggius-Viddalba, Buddusò, Tula) per ben 229 torri eoliche.

L’“Impianto di Telti” prevede 11 aerogeneratori con un’altezza massima complessiva pari a 240 m, per una potenza nominale massima complessiva pari a 54 MW. Ancora: linee elettriche di collegamento alla rete elettrica nazionale, viabilità, una cabina di raccolta, una nuova stazione elettrica, sbancamenti, viabilità, cavidotti in zone ricche di corsi d’acqua e macchia mediterranea, come chiaramente indicato anche dal piano paesaggistico regionale, come una visibilissima selva di acciaio fra la costa e l’interno dell’Alta Gallura.

La centrale eolica sorgerebbe ben dentro la fascia di rispetto estesa tre chilometri dal limite delle zone tutelate con vincolo culturale o paesaggistico, fra nuraghi, dolmen e chiese campestri.

Per questo il GrIG ha chiesto al ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica di esprimere formale diniego alla compatibilità ambientale degli impianti industriali e ha informato il ministero della Cultura, la Regione autonoma della Sardegna, la Soprintendenza per Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Cagliari e i Comuni di Tempio Pausania e di Aglientu.

«Essere a favore dell’energia prodotta da fonti rinnovabili – scrive il GrIG in una nota – non vuol dire avere ottusi paraocchi, non vuol dire aver versato il cervello all'ammasso della vulgata dell'ambientalismo politicamente corretto. Ma non sono solo le associazioni e i comitati realmente ambientalisti a sostenerlo».

La Soprintendenza speciale per il PNRR «dopo approfondite valutazioni ha evidenziato in modo chiaro e netto che “nella regione Sardegna è in atto una complessiva azione per la realizzazione di nuovi impianti da fonte rinnovabile (fotovoltaica/agrivoltaica, eolico onshore ed offshore) tale da superare già oggi di ben 7 volte quanto previsto come obiettivo da raggiungersi al 2030 sulla base del FF55, tanto da prefigurarsi la sostanziale sostituzione del patrimonio culturale e del paesaggio con impianti di taglia industriale per la produzione di energia elettrica oltre il fabbisogno regionale previsto”».

«Altro che la vaneggiata sostituzione etnica di Lollobrigidiana memoria – è l’attacco - qui siamo alla reale sostituzione paesaggistica e culturale, alla sostituzione economico-sociale, alla sostituzione identitaria. E questo vale per tutto il territorio nazionale. In Sardegna, le istanze di connessione di nuovi impianti presentate a Terna s.p.a. al 30 settembre 2023 risultavano complessivamente ben 711, pari a 52,21 GW di potenza, suddivisi in 446 richieste di impianti di produzione energetica da fonte solare per 20,13 GW (38,55%), 236 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica a terra per 15,23 GW (29,17%) e 29 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica a mare 16,85 GW (32,27%). 52,21 GW significa più di 27 volte gli impianti oggi esistenti in Sardegna, aventi una potenza complessiva di 1,93 GW (i 1.926 MW esistenti, di cui 1.054 MW di energia eolica a terra + 872 di energia solare fotovoltaica, dati Terna, 2021)».

«Un’overdose di energia – proseguono – che non potrebbe esser consumata sull’Isola (che già oggi ha circa il 38% di energia prodotta in più rispetto al proprio fabbisogno), non potrebbe esser trasportata verso la Penisola (quando entrerà in funzione il Thyrrenian Link la potenza complessiva dei tre cavidotti sarà di circa 2 mila MW), non potrebbe esser conservata (a oggi gli impianti di conservazione approvati sono molto pochi e di potenza estremamente contenuta). Significa energia che dovrà esser pagata dal gestore unico della Rete (cioè soldi che usciranno dalle tasse dei contribuenti). Gli unici che guadagneranno in ogni caso saranno le società energetiche. Insomma, siamo all’overdose di energia producibile da impianti che servono soltanto agli speculatori energetici».

«Cosa ben diversa – la conclusione – sarebbe se fosse lo Stato a pianificare in base ai reali fabbisogni energetici le aree a mare e a terra dove installare gli impianti eolici e fotovoltaici e, dopo coinvolgimento di Regioni ed Enti locali e svolgimento delle procedure di valutazione ambientale strategica, mettesse a bando di gara i siti al migliore offerente per realizzazione, gestione e rimozione al termine del ciclo vitale degli impianti di produzione energetica. Siamo ancora in tempo per cambiare registro. In meglio, naturalmente».

(Unioneonline/D)

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