Gli spifferi del palazzo che traguarda il mare di Roma hanno l’impeto di uno tsunami. Le carte segregate negli uffici della Capitaneria di Porto di Civitavecchia sono molto più che una confessione di Stato. In quegli atti, finiti nelle nostre mani, si consuma, senza colpo ferire, l’ultimo assalto al mare di Sardegna, quello più bieco e subdolo con l’Isola trattata come l’ultima succursale alla periferia dell’impero. Per comprenderlo, a dire il vero, non bisognava attendere questo ennesimo schiaffo all’Isola che fu dei sardi. Il disegno, messo in piedi dalle ingorde lobby dell’eolico, questa volta, però, è molto più di una rivelazione: si tratta, infatti, della più spregiudicata colonizzazione energetica mai messa in atto ai danni dell’Isola.

Lo schiaffo di Tavolara

Il primo “schiaffo” di questa ennesima vicenda si consuma sulla sponda opposta all’isolotto militarizzato di Tavolara, come se quel tratto di mare davanti all’antica Terranova, l’attuale Olbia, fosse ormai nella piena e totale disponibilità della Capitaneria di Porto di Civitavecchia. Quello consumato è molto più di uno sgarbo istituzionale. È il bieco tentativo di nascondere ai sardi quanto si sta pianificando nel proprio mare, quello a ridosso della Costa Smeralda, nel cuore della rotta del principale porto della Sardegna, quello dell’Isola Bianca.

Rieccole

Le due società, già oggetto delle inchieste dell’Unione Sarda sullo sfregio eolico alle coste dell’Isola, non solo non hanno proposto i loro progetti alla Regione sarda o al Comune di Olbia, ma, quasi a ignorare o escludere le istituzioni e le comunità sarde, hanno depositato la richiesta di concessione demaniale a mare alla Capitaneria di Porto di Civitavecchia e al Comune rivierasco laziale. In Sardegna niente. I due progetti, di cui siamo venuti in possesso, sono entrambi posizionati davanti al Golfo di Olbia. Tra le 12 e 15 miglia, ovvero in una posizione visibilissima dalla costa, in grado di devastare per sempre il paesaggio e l’orizzonte a mare. Un ennesimo assalto da 158 pale complessive per i due nuovi progetti, che va a sommarsi al progetto Zefiro, da 210 aerogeneratori, Tibula con 62 e Nurax con 33.

463 pale in tutto

Una vera e propria invasione per complessive 463 pale, tra i 280 e i 322 metri di altezza. Un piano destinato a devastare l’intero specchio acqueo davanti alla costa più rinomata dell’Isola, con un danno senza precedenti alla sicurezza della navigazione. Aver presentato i progetti a Civitavecchia e non in Sardegna non ha precedenti. Le due società, una svedese, la stessa che ha presentato il progetto sulla costa davanti a Capo Caccia e l’altra lombardo-pugliese, in affari con Eni, hanno deciso, infatti, quasi si fossero messe d’accordo per escludere le istituzioni sarde, che le due centrali eoliche a mare non trasmetteranno l’energia prodotta in Sardegna, ma la trasporteranno con un cavo di 196 chilometri direttamente a Civitavecchia. L’atteggiamento di questi novelli colonizzatori del vento di Sardegna è semplice: nonostante i loro progetti si candidino a distruggere il paesaggio e a mettere a repentaglio la sicurezza della navigazione, i parchi eolici risultano al confine delle acque territoriali e l’energia verrebbe trasportata direttamente nel Continente attraverso l’ennesimo cavo di trasmissione elettrica.

Sardegna tagliata fuori

In uno Stato di diritto, sia sul piano formale che sostanziale, quei progetti sarebbero dovuti essere rigettati all’istante. L’ufficio marittimo di Stato sul fronte romano, invece, non solo li ha presi in carico e avviato le procedure per la concessione di quel tratto di mare sardo, ma nell’avviso ufficiale pretende che chi chiunque abbia interesse a conoscere quei progetti debba recarsi addirittura a Civitavecchia. Una mancanza assoluta di trasparenza che nega non solo la scontata competenza degli uffici sardi, della Regione, dei Comuni e della Capitaneria di Olbia, totalmente esclusa, ma che vuole limitare anche la possibilità di opporsi concedendo appena 20 giorni per presentare opposizioni.

Trasparenza negata

In tutte le Capitanerie sarde sono stati concessi 30 giorni per depositare i ricorsi contro i progetti eolici a mare, nell’“impero” di Roma, invece, appena 20, di cui dieci già passati nel silenzio assoluto. Ancora una volta, se non fosse per la pubblicazione da parte dell’Unione Sarda di questi documenti, in Sardegna niente si sarebbe saputo. Si tratta, dunque, dell’ultimo schiaffo romano alla Regione, tagliata fuori da ogni procedimento, delegato di fatto alla sola Capitaneria laziale e al Comune di Civitavecchia. L’operazione, nemmeno a dirlo, si consuma tra ferragosto e la settimana a seguire. I primi a presentarsi negli uffici del mare di Roma è ancora una volta la coppia più eolica d’Italia, l'ingegner Luigi Severini e Giuseppe Gino Carnevale. Sono loro che si inventano, con appena diecimila euro, la «Poseidon Wind Energy», sede al numero 2 di Corso Vercelli a Milano. L’ennesima rincorsa ai mari della Sardegna per i due “ventilatori” seriali scatta il 15 novembre del 2021 quando fondano la nuova srl. La nuova scatola eolica è divisa al 50% tra la «Nicetecnology srl» e la «7 Seas Wind power». La prima fa capo alla famiglia Severini, mentre la seconda ha come socio di maggioranza, con un capitale versato di ottantamila euro, di cui 60 sono del signore del vento Giuseppe Gino Carnevale, mentre gli altri 20 sono di tale Mr. Botha Theo Nicholas, cittadinanza britannica ma con il domicilio a Auckland, in Nuova Zelanda. Sono loro che hanno ceduto parte del capitale azionario del primo progetto eolico offshore presentato in Sardegna, 42 pale davanti a Carloforte e Pan di Zucchero, alla Green IT, la società che mette insieme l’Eni e la Cassa Depositi e Prestiti, o meglio il fondo di investimenti della “banca di Stato” in rapporti con Qatar, Cina, Kuwait, e Kazakistan. Con i due colossi di Stato c’è, però, anche la Copenhagen Infrastructure Partners, un fondo di investimenti della Danimarca. Non è, dunque, da escludere che i due soggetti stiano agendo come teste d’ariete per conto di soggetti ben più rilevanti, a partire proprio dall’ente di Stato che, come suo solito, non si espone in operazioni a rischio. Non è finita: i signori di «Poseidon» sono gli stessi che hanno presentato anche il progetto Nurax, quello davanti a Caprera.

La coppia eolica

Il progetto del duo eolico è scandito da ben 72 nuove pale eoliche galleggianti, per complessivi 1008 megawatt di presunta potenza elettrica. L’altro progetto finito al protocollo della Capitaneria di Civitavecchia il 22 agosto scorso è, invece, ha una potenza doppia rispetto a quello di «Poesidon». A presentarlo sono stati gli stessi del progetto eolico candidato a devastare lo specchio acqueo davanti a Capo Caccia, ad Alghero. Non è un caso il nome prescelto per quest’operazione in grande stile: «Sardinia North Est». La società in campo è quella a capitale svedese, la Avenhexicon. Anche in questo i nord europei irrompono davanti alla Costa Smeralda con la tecnologia a bi-pale, ovvero ogni galleggiante sarà dotato di due aerogeneratori, ognuno di 322 metri di altezza, venti metri in più della Torre Eiffel.

Impero di Roma

Alla Capitaneria di Civitavecchia chiedono uno specchio acqueo davanti ad Olbia per piazzarne ben 86, con 25 megawatt di potenza ognuna. In pratica puntano a produrre 2.150 megawatt di energia per oltre 2,5 milioni di utenti. Anche loro pensano di sfruttare il mare e il vento sardo per trasportare tutta l’energia sulla sponda opposta del Tirreno. Il progetto è chiaro: ai sardi resta niente. Vento e energia finiscono dritti in continente. Tutto a servizio dei signori delle pale e dell’impero di Roma.

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