«La Sardegna può diventare il laboratorio italiano per sperimentare la settimana lavorativa di 4 giorni».
Ne è convinto Fausto Durante, segretario della Cgil sarda, che durante l’ultima campagna elettorale per le regionali ha inserito il tema nelle “proposte” del sindacato ai candidati governatori e che oggi, dopo i piani di riduzione dell’orario elaborati in altri Paesi, come la Francia, rilancia l’idea alla neopresidente eletta Alessandra Todde. 
Lavorare meno a parità di salario. È davvero possibile?
«Già due anni fa affrontavo il tema in un libro, intitolato “Lavorare meno e vivere meglio”. Oggi la questione si fa sempre più attuale. E non lo dico solo io, ma lo confermano moltissime ricerche, non solo sindacali o “di sinistra”, ma anche studi scientifici di ispirazione liberista».
E cosa dicono questi studi?
«Confermano che, come il Ventesimo è stato il secolo del passaggio alle 8 ore di lavoro giornaliere, il Ventunesimo, quello in cui ci troviamo a vivere, può essere il secolo delle 32 ore di lavoro settimanali, divise su quattro giorni».
Perché i tempi sono maturi?
«Perché la necessità di lavoro umano sta progressivamente diminuendo. Siamo nell’era della tecnologia, dell’innovazione e dell’intelligenza artificiale applicata ai processi produttivi. E il lavoro espletato dagli esseri umani si sta già inevitabilmente marginalizzando. Dunque è necessario cambiare impostazione».
In che modo?
«Partendo dal presupposto che nuove tecnologie, macchine intelligenti, robot e via dicendo si occuperanno della gran parte del lavoro, è possibile suddividere il tempo di lavoro residuale a carico degli esseri umani tra più persone. In questo modo più persone lavoreranno, ma lavoreranno di meno. Ferma restando, ovviamente, la parità di salario».
Ma se le macchine avranno il sopravvento non si rischia di avere una massa infinita di ex lavoratori umani “a spasso”?
«Sì, se non si introducono correttivi sociali c’è il rischio di avere da una parte un’élite ristretta di lavoratori umani superspecializzati e dall’altra parte una massa di nuovi plebei con competenze scarse. Per questo è necessario governare il processo e ripartire il lavoro che non verrà effettuato dalle macchne fra tutti i lavoratori, nessuno escluso».

Solo teoria? Oppure esistono già esperimenti pratici?
«Ne esistono moltissimi. In Francia, in Belgio, in Islanda, in Spagna. A Valencia, ad esempio, governo locale e aziende hanno stipulato un accordo basato su incentivi proprio per provare a ridurre l’orario di lavoro a 4 giorni lavorativi per 32 ore settimanali complessive. Alle imprese sono stati erogati fino a 9.000 euro a lavoratore per provare a testare il nuovo regime. Per un mese, inoltre, anche i dipendenti comunali hanno sperimentato l’orario di lavoro ridotto».
E come è finita?
«Che la produttività è aumentata, così come il fatturato delle aziende coinvolte e la soddisfazione dei lavoratori».
Quindi maggior tempo al lavoro non è sinonimo di produttività?
«Per nulla: un lavoratore medio italiano lavora in un anno 200 ore più di un lavoratore tedesco e 300 ore più di un francese. Ma sfido chiunque a dire che siamo più produttivi di tedeschi e francesi. Inoltre…».
Inoltre?
«Inoltre la richiesta di test per la riduzione dell’orario di lavoro oggi, anche nel nostro Paese, non parte più solo e soltanto dai sindacati. Molto spesso sono le aziende a contattarci per trovare accordi per riorganizzare il lavoro e ridurre l’orario. Questo perché, alla luce dei dati, anche coloro che si occupano di management sono ormai concordi nell’affermare che la produttività non è questione di quante ore stai davanti al pc, in ufficio, in fabbrica o in un ospedale. Conta la qualità del lavoro. Se vieni inserito in un ambiente moderno e tecnologicamente avanzato puoi lavorare meno, producendo di più. E, soprattutto, avere più tempo libero e, quindi, più benessere e soddisfazione personale».
In Sardegna, al netto dei tanti gap, la riduzione dell’orario è un obiettivo raggiungibile?
«Io sono convinto di sì. E, come ho detto, ci sono innumerevoli studi che confermano che la strada da seguire deve essere quella. Ma serve un approccio non ideologico alla questione. E una reale volontà politica. Per questo rilanciamo il nostro appello alla governatrice in pectore Alessandra Todde. Una sfida: provare a fare della Sardegna un laboratorio per sperimentare, trovando opportune intese con le aziende, la settimana lavorativa di quattro giorni».

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