Prezzi troppo bassi, prodotti di bassa qualità importati e una domanda ridotta a causa della "demonizzazione" della dieta non vegetariana fanno tornare alla ribalta la preoccupazione degli allevatori sardi per la "drammatica" mancata valorizzazione della carne di agnello.

A tracciare il quadro della situazione, definita "mortificante", è Copagri, in una nota diffusa nell'imminenza della Pasqua, periodo dell'anno che da sempre rappresenta una boccata d'ossigeno per molte aziende del settore (che allevano e macellano complessivamente circa il 30 per cento degli agnelli italiani).

"Qualche settimana fa – sottolinea Ignazio Cirronis, presidente regionale di Copagri Sardegna – Ismea registrava per il mercato di Cagliari un prezzo a peso vivo di 2,30 euro al chilo; uno schiaffo al produttore, tanto che esso inizia a considerare l’agnello uno scarto e a decidere di non allevarlo".

I PREZZI - "Se un agnello vivo - prosegue Cirronis - con un peso medio di 10 chili vale 23 euro, tanto vale mettere sul mercato il latte che serve ad alimentarlo che, a valori di 74 cent al litro, produce più o meno lo stesso ricavo, senza ulteriori rogne".

RIVOLTA "ANTI-CARNE" - Poi la disamina dei problemi del comparto: "Pesa sul mercato - spiega il presidente - una campagna salutistica, rivolta contro le carni rosse in verità, ma che ha notevolmente ridotto i consumi di carne in generale, oggi fermi a 74 Kg pro - capite, quantitativo largamente sotto i consumi degli altri principali paesi europei (Gran Bretagna, Francia, Germania, Spagna )".

E pesa, aggiunge Cirronis, "l'ingiustificabile campagna 'Salva un agnello' contro il consumo di carni di 'cucciolo di pecora', con tutto il rispetto per chi ha bandito la carne dalla sua tavola".

Una recente manifestazione animalista a Cagliari (Foto Lav Sardegna)
Una recente manifestazione animalista a Cagliari (Foto Lav Sardegna)
Una recente manifestazione animalista a Cagliari (Foto Lav Sardegna)

I CONSUMI - Poi altri numeri: "I dati sul consumo di carne di agnello in Italia sono contradditori, ma vanno da meno di un chilo a 1 chili o massimo 2 chili pro capite, contro i 12 chili della Grecia. Oggi il prezzo reale è salito a 5 euro al chilo in virtù di alcune offerte aggregate, ma non basta a stabilizzare un prezzo medio annuale remunerativo".

LA FILIERA - A fargli eco è Pietro Tandeddu, direttore regionale di Copagri: "Il consorzio di tutela dell’IGP Agnello di Sardegna cerca di dare un contributo alla soluzione del problema svolgendo il suo ruolo specifico di controllo contro le truffe e la promozione della sua qualità nel mercato, oltre che la ricerca di nuovi sbocchi commerciali, ma evidentemente le azioni poste in essere non sono sufficienti. Sia chiaro, comunque, che va evitata qualsiasi confusione, considerato che spesso si confonde il ruolo di un consorzio di tutela con il ruolo che compete ad una struttura di carattere economico e commerciale. La verità cruda è che i produttori, purtroppo, non governano e controllano la filiera".

Filiera su cui restano puntati anche i riflettori di Coldiretti.

"L'agnello - rimarca l'associzione che ha effettuato un'indagine ad hoc assieme a Ixè - resta l'alimento più rappresentativo della tradizione pasquale per la maggioranza degli italiani resta la carne d'agnello che viene servita quest'anno in oltre la metà delle tavole (51%) nelle case, nei ristoranti e negli agriturismi".

LA MINACCIA ESTERA - Ancora, sottolinea Colidetti, "l'88% degli Italiani vuole carne di origine nazionale con quasi 1/4 dei consumatori che ha scelto addirittura di acquistare direttamente dal pastore, una decisione motivata dalla necessità di garantirsi personalmente della provenienza in una situazione in cui la maggioranza dell'offerta viene dall'estero e soprattutto da Romania e Grecia che non assicurano gli stessi standard qualitativi".

L'invasione sul mercato di carne estera, spesso anche di qualità non all'altezza, è proprio un'altra "piaga" con cui il comparto deve fare i conti.

"Per portare in tavola qualità al giusto prezzo - consiglia dunque - bisogna preferire carne di agnello a denominazione di origine, quella garantita da marchi di provenienza territoriale, o di rivolgersi direttamente ai pastori, quando è possibile".

Solo così è possibile dare un reale sostegno al settore e, chiosa Coldiretti, aiutare "i pastori sardi impegnati in una difficile battaglia per la sopravvivenza per colpa di prezzi che non coprono i costi di produzione, come purtroppo accade in molte regioni".

Stand Coldiretti (Foto L'Unione Sarda)
Stand Coldiretti (Foto L'Unione Sarda)
Stand Coldiretti (Foto L'Unione Sarda)

NOBILE MESTIERE - Quindi, anche Coldiretti difende il mestiere del pastore e dell'allevatore, per sottrarlo alla demonizzazione.

"La pastorizia - commenta infatti l'assocazione - è un mestiere ricco di tradizione molto duro che costringe ogni giorno alla sveglia alle 5 del mattino per la prima mungitura che sarà ripetuta nel pomeriggio per ottenere da ogni pecora circa un litro di latte al giorno che viene sottopagato. Un mestiere a rischio di estinzione per i prezzi spesso inferiori ai costi di produzione, gli attacchi degli animali selvatici, la concorrenza sleale dei prodotti stranieri spacciati per nazionali e il massiccio consumo di suolo che in Italia ha ridotto drasticamente gli spazi verdi e i tradizionali percorsi lungo i fiumi fino ai pascoli di altura storicamente usati per la transumanza delle greggi per la quale l'Italia ha chiesto il riconoscimento come patrimonio dell'Unesco".

(Unioneonline/l.f.)
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