Preoccupa l’aumento generalizzato dei prezzi e il carovita nei Paesi industrializzati. Un fenomeno che potrebbe, insieme all’incremento dei contagi da Covid-19 e alla diffusione della nuova variante Omicron, rappresentare un ostacolo alla ripresa economica mondiale.

Secondo quanto riferisce l'Organismo per lo Sviluppo e la Cooperazione economica internazionale, l'inflazione nella zona Ocse sta continuando a salire ed è stata pari al 5,2% a ottobre 2021, contro il 4,6% di settembre e l'1,2% dello stesso mese dell’anno scorso.

Si tratta della percentuale più alta registrata dal febbraio 1997.

A pesare sono soprattutto i prezzi dell'energia, che sono cresciuti del 24,2% nell'area, al top da 41 anni.

Nell'Eurozona, invece, l'inflazione resta al di sotto della media Ocse ed è stata pari al 4,1% a ottobre, in crescita rispetto al 3,4% di settembre.

Il Paese che attualmente sta soffrendo di più dei rincari sono gli Stati Uniti, dove l’inflazione è balzata al 6,2%. Dato che ha indotto il presidente Joe Biden a decidere di rilasciare le riserve strategiche di petrolio per far abbassare le quotazioni del greggio.

Ieri l’organismo con sede a Parigi aveva diffuso le sue stime sulla crescita italiana: secondo le Prospettive Economiche intermedie, la forte ripresa del 6,3% che si realizzerà nel 2021 diminuirà progressivamente nel 2022 e nel 2023, con un Prodotto interno lordo in crescita rispettivamente del 4,6% e del 2,6%.

In Italia, ha spiegato ancora l'Ocse, l’economia "dovrebbe venire sostenuta da una politica di bilancio espansionista, in particolare, attraverso gli investimenti finanziari nel quadro del piano Next Generation Eu e dalla progressiva normalizzazione delle attività dei servizi". 

(Unioneonline/F) 

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