La sebada, dolce tipico della tradizione gastronomica sarda, sta ultimando l'iter per ottenere l'ambito marchio Igp, l'indicazione geografica protetta, che darebbe un enorme valore aggiunto alle produzioni artigianali. Un traguardo importante, per il quale però Copagri chiede maggiori certezze per i produttori locali. "È un'iniziativa lodevole - ha dichiarato il presidente regionale Ignazio Cirronis -, perché la qualità delle produzioni locali va non solo definita ma tutelata perché se ne determini la massima valorizzazione. Tuttavia occorre trovare attorno ad essa il massimo di consenso, evitando le contrapposizioni che a suo tempo caratterizzarono la fase di riconoscimento dell'Igp Culurgionis d'Ogliastra, sapendo che il processo è lungo, fino a 10, 12 anni, e non ha bisogno di ostacoli aggiuntivi a quelli burocratici. Non vi è dubbio che il ragionamento non può che partire dalle ricadute che il riconoscimento deve portare alla produzione primaria che, al momento, non è stata coinvolta".

Il direttore dell'associazione agricola, Pietro Tandeddu, sottolinea che per la sebada "non è stato preso in considerazione il riconoscimento della Dop, bensì l'Igp che consente l'utilizzo di prodotti estranei al nostro territorio che può fornire invece tutto quello che è alla base della sebada: grano, formaggio, oli e aromi. Perché il beneficio sia spalmato su tutta la filiera è quindi indispensabile coinvolgere cerealicoltori, molini, caseifici. Circolano nel mercato sebadas al 90% a base di formaggio vaccino, che non vogliamo demonizzare, ma spesso a base di paste filanti di dubbia qualità. Va ricordato che la sebada nasce nelle aree interne pastorali e ha sempre, originariamente, visto l'utilizzo prevalente del formaggio ovino. Oggi più che mai, un tale utilizzo darebbe un contributo aggiuntivo alla diversificazione delle produzioni casearie ovicaprine".
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