È allarme anche nell’Isola per le conseguenze della guerra in Medio Oriente, con ripercussioni già evidenti sull’export di molti prodotti legati all’artigianato isolano.

A precisarlo è Confartigianato Imprese Sardegna, che attraverso le parole del presidente Giacomo Meloni esprime «forti preoccupazioni»  perché «la Sardegna, seppur geograficamente distante dai conflitti, rischia di subire duri contraccolpi».
I DATI – Il focus sull’export dei prodotti sardi verso il Medio Oriente, realizzato l’anno scorso dall’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese Sardegna, su fonte ISTAT, parla di vendite di beni e servizi per oltre 1miliardo e mezzo di euro, equivalenti all’1,39% del valore aggiunto regionale prodotto, verso gli Emirati Arabi, l’Arabia Saudita, Israele, Qatar, Kuwait oltre ad altri 12 nazioni. Oltre ai prodotti della raffinazione, ci sono alimentari e bevande, moda e design, lapidei e arredamento, sistemi informatici e digitali, macchinari e impianti i prodotti più venduti molto richiesti per la loro qualità e originalità.

La Sardegna si colloca al settimo posto della classifica nazionale per quanto riguarda l’esposizione dell’export alla crisi, dietro a Toscana, Piemonte, Emilia-Romagna, Veneto, Lombardia e Friuli-Venezia Giulia.

A livello nazionale, preoccupano i possibili blocchi nello Stretto di Hormuz, snodo strategico da cui transita oltre un quarto del petrolio globale via mare e un quinto del GNL. Nel 2025 – precisa da Confartigianato – l’Italia ha importato attraverso questo canale merci energetiche per 9,6 miliardi di euro, pari al 14,2% del totale, con una forte esposizione a fornitori come Arabia Saudita (3,5 miliardi di euro tra petrolio greggio e raffinato), Iraq (2 miliardi), Emirati Arabi Uniti (0,7 miliardi), Kuwait (0,6 miliardi) e Qatar (2,5 miliardi di GNL).

CARO-ENERGIA – C’è poi tema del caro-energia. L’aggravarsi della crisi in Medio Oriente con l’apertura del conflitto Israele-Iran, insieme agli scontri tra India e Pakistan e al protrarsi della guerra tra Russia e Ucraina, ha già innescato un rialzo dei prezzi delle materie prime energetiche e una crescente incertezza negli scambi internazionali, ulteriormente esacerbata dalla prospettiva di una guerra commerciale globale. Per l’Italia, altamente dipendente dall’import energetico da queste aree, è a rischio la fragile ripresa dell’export registrata nel primo quadrimestre 2025 (+2,5%).

«Il caro energia – sottolinea il Presidente – si ripercuote in maniera diretta sui nostri laboratori, officine e microimprese. L’aumento del prezzo del petrolio e del gas potrebbe costare al nostro PIL fino a 0,2 punti percentuali nel 2026, rallentando investimenti e frenando la crescita, anche nell’Isola».

CALO EXPORT – Dai dati emerge chiaramente come le esportazioni verso i 25 mercati interessati dai conflitti – che rappresentano il 9,8% dell’export totale italiano e il 19,9% di quello extra UE – abbiano già subito un rallentamento. Nel primo trimestre del 2025 si registra infatti un calo dello 0,6%, con flessioni significative in Libia, Turchia ed Egitto, partner storici anche per l’artigianato isolano.
«La Sardegna non è esclusa da questo scenario – rimarca Meloni – molte delle nostre imprese esportatrici operano proprio nei comparti più esposti: il rischio è che sforzi e investimenti fatti negli ultimi anni vadano vanificati da una crisi su cui gli imprenditori non hanno alcun controllo».

L’APPELLO – Il Presidente lancia un appello alle istituzioni nazionali ed europee affinché si tengano in debita considerazione le conseguenze economiche di queste crisi sui territori e sulle piccole imprese: «Chiediamo strumenti rapidi ed efficaci di sostegno, in grado di contenere gli effetti degli shock internazionali. Serve una politica estera orientata alla stabilità e alla pace, ma anche una strategia economica che metta al centro le PMI, che restano il motore dell’economia regionale e nazionale». «Le imprese sarde – conclude Meloni – sono abituate a resistere e reinventarsi, ma senza stabilità e senza un quadro economico sostenibile sarà sempre più difficile restare competitivi, mantenere i posti di lavoro e garantire continuità operativa».

(Unioneonline)

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