Negli ultimi due mesi il prezzo del grano è andato fuori controllo rendendo impervia la “via del pane” a qualche miliardo di persone nel mondo e andando a pesare sul bilancio delle famiglie italiane. Per la Sardegna che un tempo fu il granaio di Roma ci sono molti rimpianti per le occasioni perse visto che oggi arrivano via mare 560 mila quintali di cereali.

Da due mesi il prezzo del grano è aumentato del settanta per cento con conseguenze facili da calcolare: le statistiche ci dicono che ogni italiano consuma ventitré chili di pasta all’anno e, conteggiando un aumento minimo di sessanta centesimi per pacco di pasta, si arriva a un aumento di diciotto euro pro capite l’anno. Significa che, tenendoci bassi, una famiglia di quattro persone dovrà spendere almeno settantadue euro in più solo per un piatto di pasta che resta comunque il cibo più economico.

Questo accade perché mulini e pastifici sono industrie energivore e devono fronteggiare l’aumento fuori controllo dell’energia e della materia prima. Costi che, gioco forza, vengono fatti ricadere sulla distribuzione con l’ineluttabile aumento del prezzo sugli scaffali. La guerra ha costretto molti operatori a rivedere le fonti di approvvigionamento, tenendo conto che Ucraina e Russia producono circa il trenta percento della produzione mondiale di grano e che la via del Mar Nero è la più importante. Ma il problema viene da lontano: i padroni del pane nel mondo sono quattro giganti, quattro sorelle sul modello delle compagnie che controllano il petrolio e che possono agire anche sui mercati dei futures scommettendo sul prezzo a data prefissata.

La Sardegna, dicevamo, ha perso un’occasione. Prendendo il dato delle importazioni necessarie per soddisfare la domanda interna di pastifici e forni, (560 mila quintali nel 2021), la Coldiretti ha fatto una simulazione per capire quanta superficie dovrebbe essere coltivata per coprire il fabbisogno dell’isola: “Calcolando una media di trenta quintali per ettaro”, spiega Luca Saba, direttore regionale della Coldiretti, “i quintali esportati equivalgono a 180 mila ettari di colture di grano e cereali che potrebbero essere realizzate in Sardegna. Sino al 2003 le superfici coltivate erano pari a circa centomila ettari; con il cambio della politica comunitaria, è stato tolto il premio che dava la possibilità di coltivare il grano con l’incentivazione europea e così le produzioni sono calate a ventimila ettari l’anno”.

Alfredo Franchini

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