Nei giorni scorsi, la Commissione Ue, presentando i rapporti annuali sui Paesi membri, ha inviato all'Italia l'ennesimo monito sulle cose che non vanno bene, cominciando dal fatto che il nostro sistema economico continui a mantenere "squilibri macroeconomici eccessivi".

Proprio come la Grecia e Cipro che, per evitare il default con conseguenze devastanti per l'intera Unione, sono entrambi finiti sotto la protezione della Troika e dei finanziamenti elargiti dagli altri Paesi europei.

Soluzione inimmaginabile per l'Italia, che economicamente vale 10 volte la Grecia, quindi è un Paese troppo grande per essere salvato dall'esterno, ma la cui sofferenza nei mercati metterebbe a serio rischio la stabilità finanziaria dell'intera Unione.

Da qui deriva la preoccupazione degli altri Paesi europei, che è più che comprensibile e che non dev'essere né minimizzata, né banalizzata dagli esponenti del governo e dell'attuale maggioranza giallo-verde.

Per Conte, Salvini e Di Maio, invece, si tratterebbe dell'ennesima scontata "letterina" dell'Europa, di cui non tenere conto, convinti come sono di avere già fatto una manovra economica espansiva per il 2019 più che convincente e in grado di ribaltare le più fosche previsioni dei mercati finanziari, delle agenzie di rating e delle principali istituzioni internazionali come l'Ocse, il Fmi, la Bce e la stessa Commissione Ue, che hanno tutte espresso riserve sulla recente manovra del governo.

Vedrete - va sostenendo Conte in tutti i suoi interventi pubblici - che col dispiegarsi degli effetti benefici della nostra manovra, tutti questi soggetti si dovranno ricredere e ci dovranno dare ragione per esserci messi sulla strada giusta della crescita.

Sarà, ma quanto sia davvero credibile la posizione del Governo che promette miracoli a cui oggi in Europa e nel mondo pochi credono è tutto da dimostrare.

Il nostro Paese, in verità, non è il solo ad essere ammonito dalla Commissione Ue per squilibri macroeconomici, ma lo sono anche la Germania, la Francia, la Spagna e persino l'Olanda, che ricevono le loro quote di reprimende. Per motivi diversi.

La Germania per l'eccesso di tassazione sfavorevole agli investimenti e per l'esistenza di un surplus eccessivo delle partite correnti (circa l'8% del Pil), che controbilancia il deficit degli altri Paesi europei frenandone la loro potenziale crescita; ma non è il caso dell'Italia, che ha anch'essa un surplus delle partite correnti, sia pure più modesto (circa il 3% del Pil). Inoltre, la Germania contribuisce all'aumento dell'instabilità finanziaria dell'intera area dell'euro con un sistema bancario poco competitivo e eccessivamente esposto sui derivati speculativi e sugli attivi illiquidi.

La Francia a sua volta è diventata vulnerabile, come l'Italia, per il suo elevato debito pubblico, che ha superato il 100% del Pil. Anche se ancora lontano dal 132% dell'Italia, il debito pubblico francese non lascia indifferenti i mercati finanziari e un'eventuale nuova crisi dei debiti sovrani potrebbe coinvolgere per contagio entrambi i Paesi.

Anche la Spagna ha un problema di debito eccessivo, aggravato da un contesto di alta disoccupazione. Inoltre, secondo la Commissione, sono necessari ulteriori sforzi per riportare la finanza pubblica spagnola su un percorso più sostenibile.

Infine, all'Olanda viene contestato l'elevato debito privato, in particolare l'eccessivo indebitamento delle famiglie per l'acquisto di case d'abitazione, che fa salire il prezzo degli appartamenti e che può provocare contagio nei mercati finanziari.

In questo conteso, non desta meraviglia che la Commissione Ue abbia lanciato severi ammonimenti all'Italia, sia sui problemi storici del nostro Paese, come l'eccessivo debito pubblico, la bassa crescita, la scarsa produttività, l'elevata disoccupazione e l'evasione fiscale, sia sulle altre carenze strutturali più contingenti come l'insufficienza degli investimenti e i discutibili interventi governativi recenti, come quota 100, pace fiscale e chiusura domenicale dei negozi, che si muovono in controtendenza rispetto ai progressi di efficienza fatti in passato.

Più articolato il giudizio sul reddito di cittadinanza, che si colloca in un contesto europeo in cui l'Italia spende meno degli altri Paesi per interventi specifici finalizzati alla riduzione della povertà. Tuttavia, il giudizio della Commissione resta sospeso a dopo aver valutato l'attuazione del provvedimento e l'impatto su conti pubblici e occupazione.

Come si vede, la Commissione Ue fa semplicemente il suo lavoro, alzando il cartellino giallo nei confronti di tutti i maggiori Paesi europei e non solo dell'Italia. Invece di sentirsi offesi e reagire con battute spiritose, poco consone alle relazioni internazionali e alla dignità dello stesso esecutivo, i massimi esponenti del governo giallo-verde farebbero bene a tenerne conto, nell'interesse del Paese e del rispetto reciproco tra Paesi sovrani della stessa Unione monetaria.

Beniamino Moro

(Docente di Economia politica all'Università di Cagliari)
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