L’antica arte si è fermata di colpo. Il cuore della storia agropastorale dell’Isola, quella più autentica e identitaria, nel silenzio dei Palazzi di Roma, segna una battuta d’arresto senza precedenti. Da due mesi la sapiente maestria dei pastori della Barbagia si è dovuta arrendere. La produzione del più pregiato dei loro formaggi, il Fiore Sardo, è bloccata. Il marchio da apporre alla più sarda delle Dop, Denominazione di Origine Protetta, condizione essenziale e obbligatoria per poter produrre il famoso pecorino, è stato di fatto negato agli unici e storici produttori dislocati nel cuore della Sardegna.

Colpo basso

Un colpo durissimo per un’economia che da sempre ha fatto dell’identità e della tradizione lattiero-casearia il suo punto di forza più eccelso. Eppure, senza che nessuno abbia tentato di evitare questo disastro, il Ministero dell’Agricoltura, ad oggi, non ha ancora dato cenno ad una minima risposta alle decine di produttori costretti a fermare le produzioni del Fiore Sardo. Il tutto è legato alla decisione ministeriale di revocare al Consorzio di Tutela l’autorizzazione a fornire i “bollini di caseina”, con la cessata vendita degli strumenti di marchiatura. Un provvedimento di cui non si ha alcuna notizia ufficiale, ma della quale si registrano drammaticamente le gravissime conseguenze sulle produzioni.

Buco produttivo

Uno stop che si sta consumando nel periodo più fecondo della lavorazione del latte, con un “buco” produttivo che avrà ripercussioni senza precedenti nel mercato lattiero-caseario sardo e non solo. Il paradosso di questa vicenda è che i pastori sardi, quelli che da sempre portano avanti questa tradizione, nel pieno rispetto del disciplinare, sono doppiamente vittime di questa storia. Due i fatti eloquenti di questa vicenda: nel 2016 lo “scippo-blitz” del Consorzio di Tutela da parte degli industriali lattiero-caseari e poi lo scandalo della produzione alterata del “Fiore Sardo” da parte di numerose attività industriali, con l’utilizzo di latte “termizzato” piuttosto che “crudo”, come prevede rigorosamente il disciplinare per la lavorazione dell’antico formaggio.

Il golpe del Fiore

Due passaggi direttamente connessi: da una parte, in seguito a quelle produzioni alterate, gli industriali hanno di fatto “escluso” dal Consorzio di Tutela proprio l’anima storica del Fiore Sardo, e dall’altra hanno gravemente condizionato l’attività più autentica, quella che prevedeva la produzione del Fiore Sardo direttamente negli ovili, nel rispetto della tempistica imposta dal disciplinare che imponeva tempi di lavorazione del latte crudo non compatibili con il trasferimento dell’«oro bianco» nei caseifici industriali.

Il blitz della Procura

Lo scorso anno il misfatto deflagra in tutta la sua gravità. Un’inchiesta esplosiva della Procura di Cagliari ha portato al sequestro, in due distinte operazioni della Guardia di Finanza, di ben 670 tonnellate di Fiore sardo, secondo gli inquirenti artefatto. Prodotto dissequestrato solo dopo aver imposto l’eliminazione della denominazione certificata di produzione protetta.La conseguenza è stata automatica: sono venuti meno i presupposti stessi perché il Consorzio del Fiore Sardo, quello governato dagli industriali, potesse continuare a svolgere quel ruolo di “Tutela” al quale era obbligato proprio per autorizzazione ministeriale.

Vittime degli industriali

Per assurdo, però, a pagare le conseguenze di questa sorta di “commissariamento” sono proprio le vittime, i pastori storici che prima hanno subito lo scippo del consorzio e dopo hanno dovuto pagare pesantemente l’onere di una produzione “fuorilegge” del Fiore Sardo da parte dei caseifici industriali coinvolti nella maxi inchiesta della Procura cagliaritana.

Catena commerciale

A rischiare di saltare per aria, ora, infatti, è la catena produttiva e commerciale del prodotto tipico della Barbagia, con un blocco produttivo che rischia di lasciare il segno. Per questa ragione la tensione nel mondo delle campagne, con epicentro Gavoi, patria incontrastata del Fiore Sardo, sta salendo in modo esponenziale proprio per la reazione a catena che si rischia di attivare sul mercato.

La denuncia

Prima dell’inizio del nuovo anno i pastori storici, dunque, hanno deciso di denunciare. La missiva è circostanziata, compresi i destinatari: Felice Assenza, direttore generale dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari, Giuseppe Blasi capo dipartimento del Ministero dell’Agricoltura, Oreste Gerini responsabile della Qualità certificata e tutela indicazioni geografiche dei prodotti agricoli, agroalimentari e vitivinicoli del dicastero agricolo.

Danni gravissimi

La comunicazione è vergata da un legale, come per dire: la questione sta assumendo i connotati di una vera e propria prossima causa giudiziaria, con tanto di danni. Ai vertici del Ministero che li avrebbe dovuti tutelare ricordano il codice genetico del Fiore Sardo: «Siamo al più pastori originari dei paesi della regione storica della Barbagia ai quali è legata questa produzione, diventata presidio Slow Food e uno dei tre formaggi a denominazione di origine protetta prodotti in Sardegna, bandiera identitaria di tutto il territorio».

Figli e nipoti

A rievocare lo scippo subito dagli industriali scrivono: «Siamo i figli o nipoti di coloro che da pionieri hanno costituito a proprie spese il Consorzio di tutela con sede a Gavoi, prima o forse unica ed importante occasione di unità del comparto ovino barbaricino. Pastori che nella vicenda consortile hanno messo loro risorse economiche per il riconoscimento della Dop per tutelare e promuovere il “Fiore” in tutto il mondo». La denuncia non ammette mezze frasi: «Come produttori di Formaggio Fiore Sardo DOP, segnaliamo la obbligatoria e vessatoria interruzione della produzione di formaggio DOP nelle nostre aziende. Deprecabile conseguenza della revoca al Consorzio di Tutela dell’autorizzazione alla consegna dei bollini di caseina, accompagnata dalla improvvisa e non comunicata cessata vendita degli stessi strumenti di marchiatura. Blocco che ha causato l’inevitabile interruzione della produzione del Fiore DOP in moltissime piccole aziende del nostro territorio, causando notevoli perdite economiche, creando un clima di incertezza e frustrazione nelle aziende che ad oggi non hanno alcuna notizia ufficiale sul proseguo della produzione nell’annata in corso».

Danno e beffa

Oltre il danno la beffa: «L’interruzione della produzione ha interessato quasi esclusivamente i piccoli produttori in quanto parrebbe che i caseifici industriali che afferiscono alla produzione siano approvvigionati dei bollini. Mentre nessuna comunicazione tempestiva è stata data a piccoli produttori, nonostante, la riferita scorta di bollini di caseina nella disponibilità del Consorzio di tutela, che parrebbe che si riservi di consegnarla all’organismo di controllo». Una situazione che rischia di precipitare, costringendo i pastori “identitari” a conferire il latte ai caseifici industriali, con il serio pericolo che la produzione storica e protetta del “Fiore Sardo” subisca un colpo letale e irrimediabile.

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