La scheda per gli adulti era di colore grigio, poi c'era quella degli anziani e dei bambini piccoli fino agli otto anni che era di colore verde e, chi aveva dai nove ai diciotto anni, aveva la scheda azzurra. Erano le tessere annonarie, ognuno ne aveva una personale, con il nome scritto in corsivo con inchiostro nero indelebile: negli anni della Seconda guerra mondiale, erano l'unica moneta possibile per non morire di fame perché le tasche erano vuote e le famiglie erano in ginocchio.

A tanti anziani, in queste giornate di restrizioni finalizzate a prevenire il contagio da Covid-19 in cui migliaia di famiglie italiane tirano avanti grazie ai buoni spesa distribuiti dai Comuni, non è potuto non tornare in mente quel periodo, nerissimo in cui, ogni due mesi, ci si metteva in fila davanti alla porta del Comune ad attendere quelle che tanti chiamavano "tessere della fame". Oggi si chiamano "buoni spesa".

Le carte annonarie erano state introdotte il 6 maggio del 1940 dalla legge numero 577 che disponeva il razionamento dei consumi. "L'Unione provinciale fascista - si legge in un trafiletto apparso a pagina 2 su L'Unione Sarda il 3 Maggio 1940 - invita i dettaglianti di generi alimentari di Cagliari e frazioni che ancora non vi hanno provveduto a presentarsi alla S.A.D.A.C. (Società anonima dettaglianti dell'alimentazione acquisti collettivi ndr) in via Roma 39a, per ritirare i fogli di assegnazione dei generi razionati per il corrente mese di maggio. I generi razionati dovranno essere ritirati subito presso grossisti e posti in distribuzione al pubblico".

Per la distribuzione ci si metteva in fila e per evitare mille uscite si ritirava la quota mensile di cibo. Anche oggi è possibile vedere le persone in fila per le spese mensili. Anche oggi si vive un clima di guerra. Eppure il nemico non indossa la divisa militare: è un nemico, invisibile e subdolo, che ha causato migliaia di morti e ha rinchiuso in casa milioni di persone. Oggi i nostri soldati sono i medici e il personale sanitario: hanno combattuto per settimane senza risparmiarsi, vivendo in trincea e a volte, troppe, cadendo sul campo di battaglia. E mentre negli ospedali ancora si combatte, milioni di persone aspettano. Aspettano la fine di una battaglia che sul campo lascerà anche migliaia di posti di lavoro a causa del lockdown, quella chiusura e conseguente isolamento forzato al quale nessuno si è potuto sottrarre perché in gioco c'era la vita.

E esattamente ottant'anni dopo quel maggio che diede il via ai razionamenti, si parla ancora di fame: ci sono le persone in attesa di una cassa integrazione che tarda ad arrivare, ci sono le piccole Partite Iva che hanno abbassato la saracinesca il 9 marzo e ancora non sanno quando potranno risollevarla, ci sono i lavoratori in nero, purtroppo numerosissimi, che non possono contare su alcun ammortizzatore sociale ma che con quei lavoretti in nero manteneva la famiglia. Famiglie oggi in ginocchio, in attesa dei buoni spesa. I Comuni, anche in Sardegna come nel resto della Penisola, stanno invitando i commercianti a rendere nota la loro disponibilità per il ritiro dei buoni in cambio di generi alimentari. Gia, ottant'anni dopo, le "tessere della fame" sono tornate.

Anche oggi, con i fogli di carta colorata, come dal 1940 al 1949, ci si può recare dai negozianti per acquistare i beni di prima necessità. All'epoca non c'erano certamente tutti gli ipermercati in cui oggi si può girare sino a trovare l'offerta migliore. I negozi erano pochi e la scelta limitata ai pochi ingredienti che potevano servire alle massaie a mettere il pranzo e la cena sulla tavola. Tutto era razionato e quelle cedole permettevano di tenere sotto controllo e modificare, all'occorrenza, i consumi della popolazione. Ad esempio, come raccontano le cronache dell'epoca, dal gennaio 1941 era previsto il consumo mensile di due chili di riso, pasta e farina di frumento ma la razione venne poi modificata nel corso del tempo. Idem per la carne, l'olio, lo zucchero. I fornitori autorizzati raccoglievano le prenotazioni e al momento del ritiro (che veniva annunciato con dei manifesti affissi sui muri e anche sui giornali) staccavano e firmavano la cedolina. Ultimate le cedole, occorreva rassegnarsi ai gorgoglii dello stomaco.

Oggi la catastrofe economica alla quale si sta assistendo non permette ancora di fare previsioni sulla ripresa dell'economia e non si sa nemmeno se e quando il virus potrà essere sconfitto. Si attende un'agenda precisa di azioni che permetta di pensare che l'associazione con il dramma di ottant'anni fa è forse eccessiva e che forse una via d'uscita si potrà ancora trovare.
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