Negoziare fino alla fine con una sola voce in Europa per scongiurare una guerra commerciale; agire sugli ostacoli burocratici e amministrativi che frenano la competitività delle imprese all’interno dell’Ue; esplorare e consolidare nuovi mercati oltreoceano; introdurre un Fondo comune “azzera dazi” per interventi di compensazione economica e produttiva.

Sono queste le 4 direttrici della strategia di sistema illustrata dal presidente di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini, all’incontro a Palazzo Chigi con la premier Giorgia Meloni, per fronteggiare gli effetti delle tariffe degli Usa di Donald Trump sul settore agroalimentare Made in Italy.

Nell’incontro Fini ha evidenziato che «è assolutamente necessario stanziare risorse adeguate a sostenere gli agricoltori e i territori più esposti ai dazi di Trump. A partire appunto dai produttori di vino (il cui export tricolore vale 2 miliardi negli Stati Uniti), olio (quasi 1 mld), pasta (1 mld) e formaggi (550 milioni) e da regioni come la Sardegna (l’export agroalimentare isolano finisce per il 49% negli Usa) o la Toscana (28% del proprio export agroalimentare)».

In questo senso, secondo Fini occorre appunto «prevedere l’introduzione di un Fondo europeo azzera dazi da utilizzare per azioni di compensazione».

Interventi «anche in deroga alle regole Ue sugli aiuti di Stato, che potrebbero concretizzarsi in primis sotto forma di indennizzi per le perdite subite dagli agricoltori. In più  – ha concluso il presidente di Cia - l’uso delle risorse comunitarie dovrebbe essere rivolto a ulteriori compensazioni ‘indirette’ che includano, ad esempio, misure per la riduzione dei costi dell’energia e degli altri fattori di produzione, che tanto incidono sulle dinamiche di esportazione delle imprese».

Dal canto proprio, la premier Meloni, dopo gli incontri con le associazioni di categoria sul tema dei dazi, ha commentato: «A monte per noi è molto difficile valutare con precisione quali saranno le conseguenze effettive prodotte da questa nuova situazione sul nostro Pil e quindi dobbiamo ragionare anche tenendo conto di questi elementi». 

«Però ho la certezza - ha aggiunto la premier - che il panico e l’allarmismo che si stanno generando rischiano di fare molti più danni della misura in sé. Lo dico perché quello che abbiamo visto in questi giorni è che hanno toccato anche aziende non minimamente connesse all’export verso gli Stati Uniti».

(Unioneonline/l.f.)

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