L'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori ha costituito un'autentica "barriera" all'occupazione, soprattutto quella giovanile. Tanto che, da quando è stato abolito, con l'arrivo del Jobs Act, ci sono state tre milioni di stabilizzazioni.

A sottolinearlo è il presidente dell'Inps Tito Boeri, intervenendo a un convegno sul tema del welfare riservato ai cosiddetti millennial.

Rispondendo indirettamente alla Cgil - che ieri ha rilanciato l'impegno per il ripristino dell'articolo 18 contro i licenziamenti illegittimi - Boeri ha spiegato che "con la riforma del Jobs Act e i contratti a tutele crescenti, sono stati tre milioni i contratti a tempo indeterminato. E tutto questo va nella direzione giusta. L'articolo 18 è invece stato un fortissimo dissuasore alle assunzioni stabili".

Secondo il presidente dell’Istituto di previdenza, in base ai primi dati disponibili, emerge che "dal 2015 abbiamo avuto più assunzioni a tempo indeterminato con contratti che duravano di più nel tempo rispetto a quelli protetti. I contratti a tutele crescenti, inoltre, hanno incentivato anche la formazione dei lavoratori che è la vera garanzia contro eventuali licenziamenti, visto che i datori spendono per preparare i lavoratori". Di qui l'ammonimento: attenti a non cambiare continuamente le regole.

PENSIONI MINIME - Boeri ha inoltre pronunciato un secco "no" alla pensione minima per i giovani: "Non va nella loro direzione".

"Non mi sembra che al tavolo tra governo e sindacati sulle pensioni si stia parlando tanto di giovani e se lo fanno il discorso - dice l'economista - non va nella loro direzione: prima hanno fatto la

quattordicesima, aumentando il fardello del debito sulle generazioni future e ora si parla di minimi pensionistici per i giovani. Ma chi paga?".

In definitiva, sarebbe meglio stimolare l'occupazione con "interventi strutturali come la fiscalizzazione dei contributi sociali".
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