Un’Isola che invecchia, giovani che diminuiscono e un sistema educativo chiamato a reinventarsi.

È il quadro, complesso, emerso negli spazi di Sa Manifattura a Cagliari, dove istituzioni, mondo accademico e ricerca si sono confrontati sul futuro dell’istruzione e dell’università in Sardegna, a partire dall’analisi dello Iares- Acli.

L’incontro, moderato da Francesco Pitirra, ha visto l’apertura del presidente del Crei- Acli Mauro Carta e gli interventi dell’assessora regionale alla Pubblica Istruzione Ilaria Portas e dei rettori delle Università di Cagliari e Sassari, Francesco Mola e Gavino Mariotti. Al centro del dibattito, i dati della nuova ricerca dello Iares, illustrati dalla direttrice scientifica Vania Statzu, dedicata a migrazioni universitarie, dispersione scolastica e prospettive educative dell’isola.

La ricerca parte da un dato allarmante: la Sardegna è la regione con la più bassa percentuale di popolazione tra 0 e 14 anni in Italia, appena il 10,1%. Le proiezioni parlano chiaro: entro il 2050 la popolazione totale potrebbe ridursi del 21%, ma il crollo più drastico riguarda i giovani tra i 19 e i 25 anni, destinati a diminuire del 62% rispetto al 2005. Un dato che mette seriamente a rischio il ricambio generazionale e il futuro economico e sociale dell’Isola.

A questo scenario si aggiunge la ripresa dell’emigrazione: dal 2014 a oggi oltre 17.000 sardi hanno lasciato l’Italia per trasferirsi all’estero. Tra loro, una quota significativa è giovane e, sebbene oltre la metà possieda un basso titolo di studio, più di uno su cinque ha una formazione terziaria. Una perdita di capitale umano che la Sardegna fatica a compensare.

Il centro dell’analisi riguarda la scuola. In Sardegna la dispersione scolastica resta superiore alla media nazionale: il 14,5% dei giovani tra 18 e 24 anni abbandona precocemente il sistema di istruzione, contro il 9,8% del resto d’Italia. L’isola è penultima per numero di diplomati nella fascia 20-24 anni e presenta un tasso di Neet pari al 17,8%, ancora oltre la media nazionale.

Ma il dato più preoccupante è quello della cosiddetta dispersione “implicita”: quasi la metà degli studenti delle scuole medie non raggiunge competenze alfabetiche adeguate e oltre il 57% mostra carenze in matematica. Percentuali ben superiori ai valori nazionali, che raccontano di titoli di studio spesso non accompagnati da competenze solide.

Le conseguenze si riflettono direttamente sul lavoro. In Sardegna l’occupazione riguarda l’80,9% dei laureati, ma scende al 60,3% tra i diplomati e precipita sotto il 47% per chi ha solo la licenza media. Istruzione e lavoro, ancora una volta, viaggiano su binari strettamente intrecciati.

In questo contesto difficile, le università sarde rappresentano una nota positiva.

Nonostante il calo demografico, l’anno accademico 2024-2025 registra un aumento delle immatricolazioni: 4.368 nuovi iscritti all’Università di Cagliari e 2.009 a Sassari. Cresce anche il numero complessivo degli studenti, grazie alla maggiore attrattività degli atenei e all’aumento degli studenti stranieri.

Le classifiche Censis 2025 confermano la qualità del sistema universitario isolano: Cagliari è quinta tra i grandi atenei statali italiani, eccellendo per borse di studio e servizi. Sassari si colloca al quarto posto tra i medi atenei, con il miglior punteggio nazionale per le strutture.

«Un elemento distintivo è il diritto allo studio: la Sardegna è riuscita a finanziare il 100% degli studenti idonei alle borse, con oltre 11.000 beneficiari, e garantisce una percentuale di alloggi superiore alla media nazionale. Un risultato quasi unico nel panorama italiano», afferma Vania Statzu, «le università tengono, ma il vero punto critico resta la scuola. Senza un rafforzamento della formazione di base, la Sardegna rischia di continuare a perdere giovani, competenze e opportunità».

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