La popolazione straniera nell'Isola è in crescita (+6,9%). La maggior parte ha un'età media di 37 anni e fa lavori non qualificati. È quanto emerge dal dossier “Sardegna e immigrazione” stilato da Crei (Consorzio regionale emigrazione immigrazione), organizzazione delle Acli sarde attiva nel settore, e presentato stasera su Facebook da Francesca Tatti e Sara Marongiu, che hanno condotto la ricerca. Al webinar, coordinato da Mauro Carta, presidente Crei, hanno partecipato anche Marco Sechi, responsabile di settore dell’Assessorato regionale al Lavoro, mediatori culturali, lavoratori e studenti stranieri.

Il dossier si basa su dati Istat relativi al 2019. Dei 52.329 stranieri presenti in Sardegna (il 3,2%), il 30,50% vive nella Città metropolitana di Cagliari, unica provincia che registra un aumento. Il capoluogo è secondo dopo Sassari, dove vive la maggior parte di loro (42,20%). Dal 2011, Cagliari è il comune che ha visto una maggiore crescita media annua (+8,6%). La provincia con meno stranieri è Oristano (5,8%). Contrariamente a ciò che si pensa, la maggior parte degli stranieri in Sardegna è europea, in particolare rumena (oltre 14.000, concentrata nella provincia di Sassari), ma nella Città metropolitana di Cagliari vivono in prevalenza africani (in ordine di rappresentanza: senegalesi e marocchini) e asiatici (in maggioranza cinesi, poi filippini, bengalesi e pachistani). Gli asiatici hanno scelto di vivere nel Cagliaritano, prima che in altri centri sardi.

Gli extracomunitari regolari sono 26.264, gran parte nella provincia del capoluogo (12.915). In tutta la regione sono perlopiù maschi (poco più della metà) e giovani, tra i 30 e i 44 anni. Il permesso di soggiorno nel 2019 è stato rilasciato principalmente per motivi familiari, poi per protezione internazionale e solo in ultimo per lavoro. La dispersione scolastica in Sardegna riguarda anche i ragazzi di origine straniera: sono 5.524 gli studenti non sardi, 45,6% è nato in Italia, perlopiù da genitori europei, in seguito da africani e asiatici. Solo il 17,1%, però, frequenta le scuole superiori.

La forza lavoro straniera nell’Isola nel 2019 è stata del 5,3%. Di questi, secondo il dossier Idos 2020, la maggior parte (40,5%) svolge lavori manuali non qualificati (contro il 10% degli italiani). Questo fa sì che le retribuzioni siano più basse: una media di 944 euro al mese contro 1.260 degli isolani. A Cagliari è presente il maggior numero di lavoratori domestici e operai agricoli, mentre a Sassari quello di dipendenti d’azienda. Lo scorso anno, in piena pandemia, le imprese straniere in Sardegna sono cresciute dello 0,96% rispetto al 2019.

Alla fine dello scorso anno, causa Covid, sono calati gli arrivi di migranti e di conseguenza anche gli ospiti dei centri di accoglienza, per la maggior parte alloggiati in provincia di Cagliari: 476 in 20 strutture attive, su 566 posti disponibili. Secondo Marco Sechi, responsabile di settore dell’Assessorato regionale al Lavoro, l’immigrazione «è una risorsa per la Sardegna perché incide positivamente sulla situazione economica della nostra regione. Bisogna però mettere in campo interventi ancor più incisivi per favorire l’occupazione degli stranieri, valorizzando le loro competenze al servizio della nostra economia». 

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