I prezzi al dettaglio in Italia subiscono in modo indiretto le conseguenze del conflitto in Ucraina. A farne le spese sono alcuni beni di largo consumo come pasta, pane e olio di semi.

L’allarme viene lanciato da varie associazioni dei consumatori, nonostante l’Osservatorio per i conti pubblici (diretto da Carlo Cottarelli) abbia sottolineato come già prima della guerra i prezzi delle materie prime avessero già subìto un’impennata.

Assoutenti, sulla base degli ultimi dati forniti dal Mise, ha stilato la classifica delle città nelle quali i listini al dettaglio dei tre prodotti in questione hanno subito incrementi più pesanti.

La maglia nera dei rincari spetta all'olio di semi di girasole, che tra gennaio e marzo 2022 fa registrare aumenti di prezzo superiori al 40% a Verona e Lodi, tra il 20% e il 25% a Mantova, Cremona, Sassari, Novara e Vercelli, e tra il 10% e il 20% in ben 19 province italiane.

La causa è dovuta al fatto che Ucraina e Russia rappresentano insieme l'80% delle esportazioni mondiali di olio di semi di girasole, e il blocco delle importazioni si sta riflettendo sui prezzi ai consumatori.

A crescere sono anche i listini della pasta: a Messina in soli due mesi è aumentata del 13%, a Venezia dell’11%, e in generale 12 città registrano incrementi superiori addirittura al tasso annuo di inflazione.

Per quanto riguarda il pane non va meglio: a Cremona – sempre tra gennaio e marzo - il prezzo al chilo aumenta del 12,2%, a Cosenza dell’8,7%, e incrementi superiori al 6% si registrano a Terni, Belluno, Lecco, Lodi.

"A inizio conflitto avevamo denunciato il rischio di rincari proprio per quei prodotti realizzati con materie prime di cui Russia e Ucraina sono principali esportatori – commenta Furio Truzzi, presidente di Assoutenti - I numeri ufficiali ci danno oggi ragione: al di là dei record registrati da alcune province, gli aumenti dei prezzi di pane, pasta e olio di semi sono generalizzati e interessano tutte le città. In tale contesto, il rischio di speculazioni sulla pelle dei consumatori è elevatissimo: per tale motivo invieremo il nostro report a Mr Prezzi, affinché indaghi sugli aumenti spropositati dei listini che in soli due mesi si sono abbattuti sulle famiglie".

GAS, PETROLIO E CARBONE - Secondo l'Osservatorio sui conti pubblici, per quanto riguarda il prezzo del gas naturale l'80% dell'aumento considerato riflette quanto è avvenuto prima della guerra. La percentuale è molto alta anche per il petrolio (79%). Per il carbone metà dell'aumento è avvenuto prima del conflitto.

Per i metalli (a eccezione del nickel, dove l'aumento post guerra è stato quasi la metà del totale), l'aumento è per almeno quattro quinti dovuto a quanto avvenuto prima dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Il prezzo di alluminio, rame e stagno è leggermente al di sotto di quello pre-guerra.

FILIERA AGROALIMENTARE – Conseguenze anche per le campagne, come riferisce Coldiretti secondo la quale si registrano aumenti dei costi che vanno dal 170% dei concimi al 90% dei mangimi al 129% per il gasolio con incrementi dei costi correnti di oltre 15.700 euro in media ma con punte oltre 47mila euro per le stalle da latte e picchi fino a 99mila euro per gli allevamenti di polli. "Occorre lavorare da subito per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali e alle speculazioni", dice il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini.

(Unioneonline/s.s.)

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