Vino e cibo: salvate la locomotiva del Made in Italy. Appena qualche mese fa, numeri record avevano certificato il trionfo nel mondo del comparto agroalimentare e l'invasione di prodotti italiani nelle tavole aveva toccato lo storico traguardo di 44,6 miliardi euro. Un risultato straordinario ottenuto proprio grazie a vino e cibo che costituiscono il traino per tutto il Made in Italy. Poi è arrivato il coronavirus. Una tragedia che continua a mietere vittime e che sta costringendo in trincea anche i settori più produttivi e che, finora, venivano considerati inattaccabili.

Gli avversari da combattere sono numerosi, dalle difficoltà produttive a quelle logistiche e commerciali. Senza sottovalutare i rischi che la situazione provochi pesanti danni di immagine, complici le speculazioni in atto in alcuni Paesi dove vengono pretese certificazioni sanitarie sulle merci provenienti da tutto il nord Italia. A pagare il conto più salato - secondo uno studio di Coldiretti - è il vino, cioè il prodotto più esportato soprattutto in Cina per un valore di 140 milioni di euro nello scorso anno. Il fatturato complessivo realizzato dal vino all'estero nel 2019 è stato valutato in 6,4 miliardi di euro, una cifra che supera quella ottenuta sul mercato interno e che conferma l'importanza delle esportazioni e, di conseguenza, i rischi attuali sulla tenuta economica e occupazionale di tutto il Made in Italy.

Ma non basta. Difficoltà enormi incontrano anche le spedizioni di frutta e verdura che proprio in Asia avevano fatto segnare un balzo record del 25% grazie alla progressiva apertura delle frontiere del gigante cinese. Senza dimenticare il blocco deciso da Taiwan alla carne di maiale italiana che - secondo Coldiretti - ha un volume di esportazioni di un milione di chili.

Anche sul mercato interno, tuttavia, le difficoltà si stanno moltiplicando. Coldiretti ipotizza, infatti, il crollo del fatturato di almeno 500 aziende agricole che operano nell'intera pianura padana, dagli allevamenti ai vigneti, dalle aziende di agriturismo alle cantine: è qui che viene prodotto oltre un terzo del Made in Italy agroalimentare che adesso è direttamente condizionato dall'emergenza coronavirus nell'attività produttiva e commerciale.

Tutto ciò si aggiunge, come fa notare Coldiretti, al fatto che stanno pesando gli effetti dell'applicazione (da ottobre del 2019) delle tariffe aggiuntive del 25% su circa mezzo miliardo di euro di esportazioni dei formaggi Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Gorgonzola, Provolone, Asiago, Fontina; ma anche salami, mortadelle, crostacei, molluschi, agrumi, succhi di frutta e liquori come amari e limoncello, vittime della disputa nel settore aeronautico fra l'americana Boeing e l'europea Airbus dopo che il Wto ha autorizzato gli Stati Uniti ad applicare un limite massimo di 7,5 miliardi di dollari delle sanzioni all'Unione Europea.

A pesare sono anche i limiti - imposti dall'emergenza sanitaria - agli spostamenti dei cittadini che cambiano le abitudini di consumo soprattutto fuori casa determinando una preoccupante frenata della richiesta internazionale.

La posizione di Coldiretti, in proposito, è chiara. "E' indispensabile che le autorità nazionali e comunitarie - afferma il presidente Ettore Prandini - fermino queste pratiche insensate che innescano una concorrenza sleale: l'obiettivo è quello di screditare i prodotti italiani che invece sono sani e garantiti come prima". Da qui la richiesta di interventi che hanno tutti i connotati di un accorato appello e di una scialuppa di salvataggio per un settore chiave dell'economia. "Occorre impiegare tutte le energie per superare le politiche dei dazi e degli embarghi restituendo respiro all'economia mondiale in un momento così drammatico. E assieme agli interventi per sostenere il tessuto produttivo a livello nazionale, non si può fare a meno di ricostruire immediatamente un clima di fiducia nei confronti del marchio Made in Italy che rappresenta nell'alimentare un'eccellenza riconosciuta sul piano qualitativo e sanitario a livello comunitario e internazionale".
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