Alla fine della Prima guerra mondiale molti Paesi europei, tra cui l’Italia, conobbero dittature di destra. Uno dei regimi dittatoriali più feroci e duraturi fu quello instaurato in Spagna dal generale Francisco Franco. La Spagna, che durante la Prima guerra mondiale si era mantenuta neutrale, era negli anni Venti del Novecento un Paese arretrato, da tempo ai margini dello sviluppo economico e sociale dell’Europa. Dopo secoli di regime monarchico nel 1931 era stata instaurata la repubblica.

Il governo repubblicano spagnolo propose una politica di rinnovamento e riforme, frenata però da gravi tensioni sociali e politiche: da un lato le rivolte di operai e minatori, che chiedevano riforme più radicali; sul versante opposto le proteste e l’ostilità dei gruppi che si sentivano danneggiati dalla repubblica: i latifondisti, l’esercito, il clero cattolico. Le elezioni del luglio 1936 portarono alla vittoria di un fronte popolare composto da socialisti, repubblicani, radicali e comunisti.

A questo punto le forze reazionarie passarono però all’azione armata: in quello stesso mese alcune guarnigioni dell’esercito guidate dal generale Francisco Franco insorsero contro il governo, dando inizio a una guerra civile che avrebbe provocato quasi un milione di morti. Nella guerra civile di Spagna si manifestarono non solo l’odio ideologico, politico e religioso, ma anche una contrapposizione di classe: borghesia contro proletariato, ceti abbienti contro ceti non abbienti. La ferocia del conflitto fu spaventosa: da una parte e dall’altra si consumarono massacri di civili inermi, di religiosi, vendette politiche, esecuzioni collettive. Tra il dicembre del 1938 e la primavera del 1939 Franco mise in atto la “bonifica” dei territori che venivano occupati, facendo fucilare tutti i sospetti repubblicani e procedette celermente alla conquista di Barcellona, di Valencia e poi di Madrid. La zona controllata dai repubblicani si restrinse sempre di più, fino a quando Franco entrò a Madrid, nel marzo 1939. La guerra civile era finita, ma iniziava in Spagna una dittatura fascista che sarebbe durata fino alla metà degli anni Settanta del Novecento.

Solo alla morte di Francisco Franco, nel 1975, il Paese poté tornare alla democrazia ma le forze democratiche e antifranchiste, per evitare un possibile nuova guerra civile, dovettero accettare un patto doloroso: un colpo di spugna su tutti i crimini del franchismo. Anzi dovettero accettare una vera e propria rimozione della memoria e della verità. Ma un popolo, una democrazia può guardare avanti con fiducia senza aver sanato ferite ancora aperte?

È la domanda che anima il volume Quando il passato non vuole passare (Le Piccole Pagine, 2024, Euro 15,00, pp. 217) in cui il noto giornalista Piero Badaloni ricostruisce i crimini del franchismo e soprattutto indaga su come sia stato possibile per diversi decenni preservare un silenzio imbarazzante che ha coperto in Spagna i crimini più efferati di una dittatura che ha il record di durata in Europa. Solo per fare un esempio, durante il regime franchista migliaia di bambini vennero sottratti ai legittimi genitori e dati in adozione. I bambini venivano "affidati" ad altre famiglie, in cambio di soldi o favori da ripagare per il sostegno dato al generalissimo durante il colpo di Stato. Ostetriche e medici venivano pagati per mentire, spesso con la connivenza e complicità di suore e religiosi che agivano "in nome di Dio e della Patria". Una vicenda cancellata dalla memoria collettiva, dai ricordi di chi non era né il padre né la madre di quei figli “confiscati”. La tragedia dei niños robados è una delle pagine più nere della storia europea del Novecento, ma è una tragedia che si è perpetuata nel tempo come dimostrano le difficoltà incontrate chi, per anni, ha cercato di dare un nome, una identità, a quanti hanno subito il furto del proprio passato e delle proprie origini.

Raccontandoci queste tristi vicende Badaloni, con grande passione civile, non solo indaga su una delle pagine più nere della storia della Spagna, ma soprattutto lancia pesanti interrogativi sulla memoria storica di una nazione e di un intero continente che vogliono andare avanti senza fare i conti con il proprio passato. Ignorare il passato significa, infatti, favorire il revisionismo storico, offendere le vittime, distruggere il senso di giustizia. Significa costruire il futuro non su basi solide, ma su sabbie mobile in cui gli ordinamenti democratici possono fatalmente sprofondare. Vale per la Spagna, vale per l’intero continente europeo e in particolare per la nostra Italia sempre attenta a rimandare i propri conti con il passato.

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