Eroi, o vittime, o entrambe le cose. Ma se non ci fosse stato nei paraggi l'obiettivo di un fotografo, non sarebbero diventati niente di tutto questo. Non agli occhi del mondo. Tre personaggi senza la vocazione del proscenio, eppure il caso - insieme al loro coraggio - ha voluto ritagliare per loro un posto nell'immaginario collettivo contemporaneo. In definitiva, un posto nella storia. Tre personaggi di cui non è neppure sicura l'identità, curiosamente uniti da un analogo destino e da una serie di date cruciali che si collocano tutte, nel calendario, in questo periodo di primavera inoltrata. Qualche giorno fa, il 24 maggio, è stato il centodecimo anniversario della nascita di August Landmesser.

Il nome non dice niente ai più, ma molti che non lo hanno mai sentito avranno invece in mente la foto che lo ha reso famoso, e che risale al 13 giugno 1936 (ancora una tarda primavera). In un bosco di centinaia di braccia tese per onorare Adolf Hitler col saluto nazista, un uomo resta testardamente con le braccia incrociate. Non sa che, a qualche decina di metri da lui, un fotografo sta documentando la scena, che si svolge nel porto di Amburgo in occasione del varo di una nave. Quell'immagine è diventata famosa in tempi abbastanza recenti, alla fine del secolo scorso.

Chi ha visitato Berlino nell'ultimo decennio può averla vista esposta nella Topografia del Terrore, il museo che, là dove un tempo sorgeva la sede della Gestapo, ora racconta aspetti noti e meno noti dell'abominio nazista. La nuova versione dell'edificio, altra coincidenza, è stata inaugurata il 7 maggio 2010, quasi a un secolo esatto dalla nascita di Landmesser. In realtà non c'è assoluta certezza che fosse lui, il ribelle che tiene giù le braccia mentre tutti intorno sentono il bisogno di omaggiare il Führer. Ma le sue figlie lo hanno riconosciuto, oltre mezzo secolo dopo quello scatto fotografico. Landmesser lavorava ai cantieri navali di Amburgo, e nel 1936 era stato già espulso dal partito di Hitler, al quale si era iscritto nel 1931 per ottenere più facilmente un lavoro. L'avevano cacciato perché aveva disonorato la razza, sposando una ragazza ebrea. Non gli permisero neppure di dare il suo cognome alle due figlie della coppia, e tra il 1937 e il 1938 fu arrestato due volte e poi condannato a 30 mesi di lavori forzati. Nel 1938 finiva per sempre anche la libertà della moglie Irma Eckler, rinchiusa in un campo di concentramento. Si ritiene sia morta nel 1942, durante la prigionia. Landmesser invece dopo aver scontato la pena fu costretto a partire in guerra, per difendere quel Paese che lo aveva ritenuto un criminale solo per essersi innamorato della donna sbagliata. Fu dichiarato morto dopo essere stato considerato disperso in un combattimento in Croazia, nel 1944.

Anche la seconda foto storica riguarda un'opposizione solitaria a un potere che opprimeva le libertà e i diritti. In questo caso lo scatto è famosissimo, anzi ne esistono molti, di diversi fotografi, oltre ad alcuni video. Si tratta del giovane che, armato solo di una giacca e una busta, blocca un'intera colonna di carri armati diretti verso piazza Tienanmen a Pechino. Anche qui ci collochiamo nell'ultimo spicchio di primavera: è il 5 giugno 1989, il governo cinese ha appena iniziato la repressione sanguinaria della protesta che gli studenti hanno avviato da tempo nella piazza. La fine tragica di quel movimento, che chiedeva il riconoscimento dei diritti civili e politici, sconvolse tutto il mondo. E l'immagine del ragazzo che ferma da solo i tank in assetto da guerra è diventata una delle più iconiche del Novecento. Ma pure in questa epoca in cui si viene a sapere tutto di tutti, e malgrado i tanti teleobiettivi che inquadrarono in diretta la scena, nessuno sa che fine abbia fatto il Rivoltoso Sconosciuto. È molto misteriosa persino la sua identità. Secondo alcuni era Wang Lianxi, 19 anni, uno dei leader della protesta studentesca. Di lui si sa che fu tenuto in prigione fino al 2007 e poi scarcerato, ma solo per finire in un ospedale psichiatrico. Altri lo identificano con un certo Wang Weilin. Sul suo conto circolano diverse ipotesi. I video di quella mattina si concludono con l'arrivo di alcune persone che portano via il ragazzo, non prima che lui sia riuscito addirittura a saltare sulla torretta del primo carro armato per una breve discussione con il soldato che conduce il mezzo. Sono amici che lo mettono in salvo, ipotizza qualcuno. No, sono agenti delle forze dell'ordine che lo arrestano, ribattono altri. Potrebbe esser stato giustiziato nel giro di due settimane, stando a una ricostruzione, o invece sarebbe scampato alla repressione e adesso vivrebbe a Taiwan. Sarà difficile che si possa mai arrivare a sciogliere questi dubbi.

Così come sembra impossibile avere conferma sicura dell'identità del terzo eroe ignoto. Il protagonista di una foto che, se quella di Piazza Tienanmen è tra le più popolari del Ventesimo Secolo, promette a sua volta di rimanere come una delle immagini storiche del Ventunesimo, benché sia stata scattata all'inizio del secolo stesso. È il Falling Man, l'uomo che cade a testa in giù da una delle Torri Gemelle, dopo l'attacco dell'11 Settembre. Una foto che sintetizza l'orrore di quell'azione di guerra che uccise migliaia di persone nel cuore di New York. In centinaia decisero di saltare dalle finestre dei due grattacieli, pur sapendo di andare incontro a morte certa, per evitare almeno la tortura di finire tra le fiamme dell'incendio provocato dall'impatto degli aerei. Probabilmente non sapremo mai chi fosse quella figura che piombava giù a capofitto e in una maniera insolitamente composta, simile a un tuffo controllato. Di lui Tom Junod, su Esquire, ha scritto che "pur non avendo scelto il proprio destino, negli ultimi istanti della sua vita sembra averlo accettato". Forse è arbitrario attribuire un atteggiamento particolarmente consapevole e rassegnato all'Uomo che cade. Ma di sicuro la perfezione quasi atletica del suo drammatico volo, insieme alla prospettiva che lo colloca esattamente a metà tra la torre Nord e quella Sud, che fanno da sfondo, hanno fatto la fortuna di quella foto.

A scattarla fu Richard Drew, un professionista dirottato al World Trade Center dall'agenzia per cui lavorava all'epoca, e che inizialmente gli aveva assegnato il compito, ben più comodo, di documentare una sfilata di moda per neo mamme. Molti anni prima, nel 1968, Drew si era trovato ancor più vicino alla scena di un evento capace di scuotere la coscienza dell'America: l'assassinio di Robert Kennedy, avvenuto proprio davanti ai suoi occhi (e al suo obiettivo), tanto che l'allora ventunenne fotoreporter fu macchiato dal sangue del politico democratico, ucciso mentre si preparava a correre per la presidenza degli Stati Uniti. Come l'ignoto autore della foto di Amburgo del 1936, come i tanti che catturarono il momento della ribellione solitaria a Tienanmen, anche Drew ha avuto il merito di consegnare alla storia un personaggio che altrimenti sarebbe rimasto confuso tra le altre vittime dell'11 Settembre. Un eroe tragico e involontario che ha poi ispirato i romanzi intensissimi di Jonathan Safran Foer e Don De Lillo. Una persona qualunque che, come Landmesser e il ragazzo di Pechino, passò alla storia senza saperlo né volerlo. L'istantanea di Richard Drew non può arrivare a dirci chi fosse, quello sfortunato lavoratore che trovò la morte alle Torri Gemelle. In tanti hanno cercato di dargli un nome; la prima identificazione (un cuoco di origine ispanica del ristorante Windows on the World) sembra ormai smentita. Invece per ora regge l'ipotesi che si trattasse di Jonathan Briley, ingegnere del suono di 43 anni, fratello minore di uno dei componenti della prima formazione dei Village People. Lavorava nella Torre Nord solo da pochi mesi, aveva preso servizio in un pomeriggio della tarda primavera del 2001.
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