Dopo la pandemia riaprono al pubblico anche i nuraghi, simbolo della Sardegna, che ne caratterizzano un periodo storico affascinante e misterioso.

I complessi principali da anni sono gestiti da cooperative e guide turistiche: rappresentano perciò anche importanti occasioni di lavoro e di reddito.

Il nuraghe del complesso monumentale di Santu Antine, aTorralba, in provincia di Sassari, risalente al XV secolo a.C, manifesta la sintesi e l'apogeo dell'architettura di età nuragica. La pianta della struttura è un triangolo equilatero, sul cui baricentro svetta la torre centrale, o mastio, che in origine superava i 25 metri. Questo splendido monumento era visitato normalmente da circa 50mila appassionati ogni anno, con un introito notevole per il comune di Torralba. Una buona fetta di visitatori era costituita da stranieri.

Ora, in tempi di coronavirus, ripetere questi numeri appare compito assai arduo, per gli scenari che si stanno aprendo soprattutto per il turismo internazionale, ancora incerti e nebulosi.

Maria Grazia Gambella, guida turistica, è la presidentessa della cooperativa che gestisce il nuraghe. La struttura ha aperto al pubblico da qualche giorno, tra tanti interrogativi, eppure Maria Grazia non ha perso l'ottimismo.

"Abbiamo riaperto da poco - spiega la presidentessa - e siamo consci delle difficoltà del momento, ma anche consapevoli di potercela fare. Il Nuraghe di Santu Antine è uno scrigno di cultura, storia e bellezza che aspetta solo di essere ancora visitato".

Nel filmato l'intervista a Maria Grazia Gambella, che farà anche da guida allo splendido complesso architettonico sardo.
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