C’è un confine sottile tra suono e silenzio, tra dolore e bellezza. In Sardegna, questo confine ha il nome di attitu: un canto funebre arcaico, scabro, capace di dare forma al lutto e trasformarlo in resistenza comunitaria.

A partire da questo margine sottile si costruisce la performance di “Sounds and Rites from Old and New Villages”, il concerto che il Duo Cordas et Bentu, formato da Francesca Apeddu (flauto) e Maria Luciani (chitarra), porterà in scena giovedì 18 settembre alle ore 19 nella Sala Sassu del Conservatorio “Luigi Canepa” di Sassari. Ingresso libero, ma tutt’altro che banale.

«Il suono, come il rito, è una soglia»: è con queste parole che si apre la riflessione che accompagna il concerto, un progetto che si muove tra esecuzione e ricerca, tra composizione contemporanea e radici etnomusicali. Ed è proprio da una lunga indagine sul campo che nasce l’ispirazione di Apeddu: un lavoro iniziato con la registrazione Tales from Sardinia e influenzato dagli studi dell’etnomusicologo Francesco Morittu, che l’ha condotta tra le montagne della Barbagia e le coste dell’Ogliastra, alla ricerca delle ultime voci capaci di intonare l’attitu.

Una pratica vocale ancora viva nella memoria collettiva: lamenti che non sono solo dolore, ma anche linguaggio, memoria, protezione. Su questo patrimonio fragile si innesta la scrittura musicale contemporanea, affidata a compositori che hanno scelto di dialogare con la tradizione, senza sacralizzarla né piegarla a cliché folkloristici.

Il programma è ricco e in gran parte inedito: molte delle opere sono prime esecuzioni assolute, composte appositamente per il duo o a esso dedicate. Tra queste spicca Hymnos di Alfredo Franco, una sequenza di miniature evocative che con titoli come Cocci di memoria e Inter-mezzo orfico già dichiarano il loro legame con il tema del rito e della soglia.

Dalla delicatezza timbrica dei Tre Schizzi di Giovanna Dongu, al recupero diretto degli attitus nei brani di Franco Cavallone (ispirati ai repertori di Scano Montiferro e Ossi), ogni composizione si fa ponte tra passato e presente. Il brano Attítus di Francesco Morittu, articolato in quattro movimenti, è forse il momento più emblematico di questa operazione culturale: una partitura che affronta di petto il rapporto tra ritualità antica e sensibilità contemporanea, tra la “movida” e il “Boghe d’Anghelu”.

A chiudere, la suite Songs and Dances from the New Village del serbo-americano Dušan Bogdanović, che intreccia melodie popolari e scrittura moderna, portando il rito nella dimensione universale della danza e della vitalità.

Quello di giovedì non sarà solo un concerto, ma un momento di restituzione culturale e di incontro collettivo.

Sounds and Rites from Old and New Villages si propone come un atto di memoria e di consapevolezza: la dimostrazione che il suono può ancora essere un gesto di comunità, un modo per rielaborare, capire e trasformare ciò che ci attraversa.

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