Il periodo di Ognissanti per i cagliaritani e per i sardi è anche l’occasione per commemorare la morte sul patibolo di San Saturnino.

Il giovane martire, apostolo della fede in Cristo e patrono del capoluogo, venne infatti ucciso il 30 ottobre dell’anno 304.

La sua storia ci è nota grazie a una Passio – il resoconto della sua triste fine – redatto dai suoi seguaci in età medievale. 

In essa si racconta del giorno fatale in cui questo ragazzo di soli 19 anni, che professava la religione cristiana nonostante le proibizioni imposte dall’imperatore romano Diocleziano, si trovò a passare nei pressi del tempio intitolato, nell’antica Cagliari, alla cosiddetta Triade Capitolina, composta da Giove, Giunone e Minerva.

Qui i pagani lo riconobbero e lo accusarono di aver abbracciato la fede proibita. Lui ammise, senza nascondersi. I pagani gli chiesero allora di ripudiare Cristo e di tornare alla religione dell’Impero. Ma Saturnino si oppose e per questo venne condannato a morte.

La sentenza venne eseguita il 30 ottobre 304, quando al giovane cristiano fu squarciata la gola. 

Le sue spoglie vennero però trafugate dai suoi compagni e sepolte. Saturnino divenne così martire. E poi santo. E da allora a Cagliari e in altre località della Sardegna non si è mai smesso di celebrare il suo sacrificio. 

Esattamente un anno prima, non a Cagliari ma nell’odierna Porto Torres, un altro martire cristiano era caduto vittima delle durissime persecuzioni messe in atto da Diocleziano: San Gavino, decapitato anch’esso per la sua fede, il 25 ottobre dell’anno 303.

(Unioneonline/l.f.)

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