Salvatore Garau torna con un’opera immateriale e lancia l’appello: «Artisti uniti contro l’eolico»
“Autoritratto”, un video di pochi secondi «con cui ho toccato il punto massimo dell’esistenza e della non esistenza». La mostra a Milano con quindici teleL’arte come risposta al dolore del mondo, come appello alla riscoperta della parte immateriale di sé, come monito contro l’intorpidimento delle menti.
Dopo il clamore provocato da "Io Sono" e “Davanti a te”, le prime due sculture immateriali vendute all’asta nel 2021 rispettivamente a 15mila e 28mila euro, l’artista di Santa Giusta Salvatore Garau, 72 anni, torna a Milano fino all’11 maggio allo Spazio Roseto di Corso Garibaldi 95 con la mostra “CORPO non CORPO”, curata da Milo Goj con testo critico in catalogo di Lóránd Hegyi. Una mostra organizzata da Art Relation e promossa da Roseto e Jarvés in occasione della Milano Design Week 2025: quindici tele di grande formato e due video, uno dei quali inedito, che celebrano l’unione fra il corpo della pittura e il non corpo dell’immateriale.
«Ho accettato di realizzare questa mostra pur rendendomi conto di dipingere in un momento di grande sofferenza – racconta Garau, in carriera personali a Lugano, Losanna, Barcellona, San Francisco, Washington, Strasburgo, Londra, due presenze alla Biennale d'Arte di Venezia, nel 2003 e 2011 e mostre nei musei di Saint-Étienne, Cordoba, Brasilia, San Paolo, Montevideo -. Oggi produrre arte è come armarsi e andare in guerra. Impossibile prescindere da tutto quello che ci circonda».
Di qui la nascita della formula corpo non corpo, una narrazione sulla presenza e l'assenza, sul visibile e sull'indefinito, tema già anticipato da Garau nella sua prima personale da Cannaviello nel 1984. Quarant’anni dopo quell’ossimoro torna in una nuova forma poetica dove si dissolve la separazione fra ciò che si può toccare e ciò che non si vede: «Sento che l’uomo oggi sta dando troppa importanza al corpo fisico mentre l’altra metà di cui siamo composti è abbandonata, è lasciata dormiente. Ma se tralasciamo la parte più intima e spirituale perdiamo umanità e siamo destinati a diventare dei robot».
L’umanità d’altronde è di fronte a una rivoluzione senza precedenti, con la tecnologia e l’intelligenza artificiale che dominano ogni aspetto della nostra vita: «Sono anni che diciamo che l’avvento dell’intelligenza artificiale sarà una grande novità ma io penso che se ci dà dieci, ci toglie cento. È il più grande ladro dell’umanità, perché succhia tutte le nostre capacità mentali. E meno il cervello lavora più si indebolisce. L’immaginazione è potere».
La parte tangibile della mostra è rappresentata dalle quindici opere su tela e su teloni PVC riciclati provenienti da pubblicità dismesse, dominate soprattutto dal verde e dal viola sacrale. La parte immateriale invece è un inedito assoluto, dal titolo Autoritratto del 2022. Un video che dura poco più di venti secondi e riprende il concetto di opera invisibile per la quale «sono stato attaccato, anche pesantemente. Per fortuna ho una corazza di piombo che non finisce più. La verità è che io so che quelle persone che mi hanno criticato hanno avuto un momento di panico. Mi rendo conto che il nulla e il vuoto, la materia che ho usato per le mie opere immateriali, suscitano una risata sardonica. L’horror vacui fa paura. Eppure dal vuoto arriviamo e nel vuoto torneremo».
In Autoritratto l’artista presenta a chi guarda il proprio autoritratto: «La scultura che non vedete qui è il mio autoritratto», dice accarezzando l’aria: «Vi assicuro che un giorno, quando sarò andato via, saremo identici, come due gocce d’acqua».
«Di solito è l’artista che copia il modello – spiega Garau - ma stavolta sarà il modello a imitare l’artista superandolo. Ammetto che mi ha quasi creato un moto di gelosia, di bella gelosia: “Sta a vedere, mi sono detto, che la mia copia realizzerà un lavoro superiore rispetto a quello che ho concepito io”. Credo con quest’opera di aver toccato il punto massimo dell’esistenza e della non esistenza. Come ho scritto nel manifesto, la visionarietà dell’arte non ha confini».
Come non ha confini il ruolo che deve avere l’artista, secondo Garau, in prima fila nella difesa del paesaggio: «Abbiamo il dovere di essere agguerriti e uniti davanti a una potenza così devastante come quella dell’eolico e del fotovoltaico in Sardegna. Le imprese vanno e vengono, gli affari crescono e si riducono ma milioni di metri cubi di cemento resteranno lì all’infinito e a noi toccherà tenerci questa ferraglia ad arrugginire. Tutto ciò per cosa? Per poca energia, cosiddetta verde, che crea il vuoto intorno. Senza contare che stiamo parlando di un sistema considerato già obsoleto. Per la Sardegna una beffa a tutti gli effetti».