Arriverà anche in Sardegna la mostra “I luoghi e le parole di Enrico Berlinguer” che si è appena conclusa con molti consensi e oltre 65 mila visitatori al Mattatoio di Roma. Lo storico Alexander Hobel, da pochi giorni docente di Storia contemporanea all’Università di Sassari, ha curato il progetto insieme a Gregorio Sorgonà e Alessandro D’Onofrio. Il 2024 ha un significato particolare. Ricorre l’anniversario dei 50 anni della morte dell’artefice dello strappo con Mosca e di una politica innovativa che ha segnato la storia della sinistra in Italia e in Europa. «L’11 giugno – spiega Hobel - la mostra sarà a Bologna. Dopo l’estate verrà trasferita a Napoli, Torino, Firenze. Penso che poi approderà in Sardegna. Dall’esposizione, in particolare nella prima sezione dedicata agli affetti, emerge il fortissimo legame sentimentale tra Berlinguer e la sua terra. Ci sono foto e immagini che il pubblico sardo vedrà con molto piacere».

Il bilancio della mostra è molto positivo. Vi aspettavate questo risultato?

“Dimostra che c’è un rimpianto per la politica alta che Enrico Berlinguer rappresenta. La politica come impegno disinteressato e utile per trasformare profondamente la società e lo Stato. Il successo della mostra rimanda all’esigenza, più che mai sentita, di una politica alta e trasformatrice. C’è poi il fascino della figura del leader del Partito comunista per il suo modo di interpretare la leadership e la militanza politica. In un’intervista Berlinguer dice: Non ho scelto la carriera politica, ho scelto la politica come impegno, come militanza, come passione. In lui c’è sempre una coerenza tra le parole e i fatti, le parole e i comportamenti.

I giovani non sono rimasti indifferenti. È uno degli aspetti più importanti

Tantissimi giovani hanno visitato la mostra. C’è un fatto non trascurabile: Berlinguer è presente nei social attraverso immagini e filmati. Penso all’ultimo comizio tragico, a Padova, 7 giugno 1984. Immagini strazianti ma anche eroiche per lo sforzo che viene fatto sino alla fine per portare a termine l’intervento. Tanti giovani sanno quello che ha fatto Berlinguer, hanno la consapevolezza di quello che ha fatto per il Paese. Abbiamo visto giovani e i giovanissimi insieme agli adulti, genitori, zii e nonni, ma anche da soli. Talvolta anche con gli insegnanti. Significa che le ultimissime generazioni, quelle che si affacciano ora sulla scena della vita pubblica hanno l’esigenza di trovare modelli alti. Pur in un contesto diverso, l’esempio di Berlinguer può ancora dire qualcosa .

Quali messaggi hanno lasciato i visitatori?

Abbiamo trovato commenti di giovani che hanno scritto: Non ti ho conosciuto, non ho vissuto la tua epoca, però mi manchi. La mostra mi ha portato in un mondo del quale sento la mancanza. Questa mancanza ritengo non sia un sentimento di semplice nostalgia per quei tempi, ma può essere il segnale del fatto che si avverte l’esigenza di costruire qualcosa con nuovi strumenti di partecipazione politica e di trasformazione della realtà. Ci sono segnali che confermano che i giovani non sono passivi o inerti. Penso alla

mobilitazione per la pace, per il rilancio dell’università e della scuola pubblica, per i diritti delle donne, per le questioni ambientali.

Che cosa dice Berlinguer alle ragazze e ai ragazzi?

Alcuni temi per cui i giovani si mobilitano sono temi che troviamo accennati nell’elaborazione di Berlinguer: il rapporto tra nord e sud del mondo, la questione del modello di sviluppo, la pace, l’austerità come leva del cambiamento, la questione ambientale, la rivoluzione delle donne. È un pensiero moderno e attualissimo.

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