Quando si parla di Alessandro Magno vale sempre quanto affermava circa tre secoli dopo la scomparsa del condottiero macedone il greco Strabone: “Tutti coloro che scrissero di lui preferirono il meraviglioso al vero”. Forse per questo la figura del grande conquistatore, morto a soli 33 anni nel 323 a.C. dopo aver conquistato un impero vastissimo che si estendeva dal remoto regno di Macedonia, alla Persia e infine all'India, ci appare tanto affascinante.

La sua storia sembra un grande romanzo e si confonde continuamente con le leggende che circondano le sue imprese al limite dell’impossibile. Diventa allora una sfida capire quale sia il vero Alessandro, cosa ci sia di reale in quello che ci hanno tramandato le tante fonti antiche che ne hanno parlato. Fonti spesso difficili da interpretare per noi uomini moderni così distanti dagli ideali del condottiero macedone, un uomo che da giovane voleva essere simile ad Achille, l’eroe dell’Iliade, e che conquistato un impero si convinse di essere più simile agli dei che ai semplici mortali.

Ma abbiamo ancora qualcosa da imparare dall'incredibile ascesa del più grande conquistatore del mondo antico? Questa figura, lontanissima nel tempo ma che ancora affascina, cosa ci può ancora raccontare? Lo storico inglese Anthony Everitt prova a rispondere a queste domande nel suo “Alessandro Magno” (Hoepli Editore, 2021, Euro 27,90, pp. 418), un saggio che nella migliore traduzione della storiografia britannica sa essere avvincente e gustoso come e più di un romanzo. Everitt, infatti, non ha paura di presentare la vita di Alessandro come una grande cavalcata avventurosa come certamente è stata, almeno per il sovrano macedone e i suoi compagni, che passarono di vittoria in vittoria. Non vuole guardare ad Alessandro da lontano o, peggio, dall’alto degli oltre due millenni di storia trascorsi dai suoi giorni di gloria. Prova invece, con l’aiuto delle fonti antiche, a immergersi totalmente nello spirito dei tempi e affronta la vita di Alessandro in base ai criteri della sua epoca, esaminandone luci e ombre, virtù e contraddizioni. Alessandro emerge allora come un giovane principe con una naturale tendenza alla curiosità e un forte interesse per le scienze e le esplorazioni, amante delle arti che considerava la grande epica dell'Iliade come una sorta di Bibbia da seguire passo dopo passo. Il condottiero viene mostrato come un conquistatore che dimostrò rispetto per le tradizioni dei nuovi sudditi e fu molto attento nell'amministrare i vasti territori assoggettati. La sua ascesa però ebbe anche un lato oscuro, terribile e nei momenti di ira terrificante: da conquistatore, Alessandro glorificava la guerra ed erano noti i suoi atti di crudeltà.

Everitt mostra così in pieno gli enigmi di una figura gigantesca, ma anche incapace di sentirsi uomo tra gli uomini. Un guerriero così potente, straordinario, vincente da risultare alla fine terrificante anche per i suoi più fedeli compagni e da terminare la propria vita quasi in solitudine e improvvisamente. O forse provvidenzialmente per coloro che accanto a lui volevano che la storia prendesse un’altra via rispetto a quella che stava segnando Alessandro.

La copertina
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