Pensate che l'esodo estivo, le spiagge affollate, le urla dei bagnanti, viaggi e mete esotiche siano una invenzione degli ultimi anni? Vi sbagliate di grosso!

Per cambiare idea basta leggere "Vacanze romane" (Mondadori, 2015, pp. 288, anche e-book) e scoprire che abbiamo inventato poco o nulla in tema di tempo libero e divertimento. O almeno non abbiamo molto di diverso rispetto gli antichi romani come ci racconta, con la cura dell'archeologa di professione e bel gusto narrativo, Federica Guidi, l'autrice del volume.

Scopriamo così, salendo sulla macchina del tempo, che nella Roma dei Cesari, affollata come un formicaio, assediata dai rumori, dagli odori e dal caldo appiccicoso d'estate, non si vedeva l'ora di scappare un po' come accade oggi a ogni festa comandata e al sopraggiungere delle ferie.

Chi non poteva spendere troppo si accontentava delle spiagge laziali non lontane dalla Capitale mentre i ricchi sciamavano nelle loro ville sul rinomatissimo golfo di Napoli, già allora teatro di un abusivismo edilizio sfrenato.

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

Il golfo, infatti, era tutto un proliferare di ville e alberghetti, questi ultimi destinati ad artigiani e commercianti che non volevano a nessun costo rinunciare alle passeggiate sulla spiaggia, ai bagni, alle cure termali e soprattutto alle tentazioni lussuriose per cui quella zona era famosa.

Soprattutto la cittadina di Baia, come ci racconta Federica Guidi, era un mix tra le odierne Rimini e Porto Cervo: un luogo dove un po' tutto era permesso tanto che un letterato come Marco Terenzio Varrone già nel I secolo a.C. poteva scrivere che a Baia "non solo le vergini divengono bene comune, ma molti vecchi ringiovaniscono e numerosi fanciulli si effemminano".

La stessa cosa si poteva però dire di tutti i centri balneari dell'Impero, come Alessandria d'Egitto e Rodi, dove le notti estive erano dominate, ce lo ha tramandato il filosofo Seneca, da "ubriachi vaganti sulla spiaggia, baldorie di marinai, eco strepitante di musiche e di altre cose che la lussuria, sciolta dalle leggi, non solo commette, ma esibisce".

Inoltre i Romani, come tanti di noi oggi, viaggiavano per diletto anche se non low cost, avventurandosi in veri e propri Grand Tour nel Mediterraneo alla scoperta di luoghi d'arte e di mete misteriose e cariche di esotismo. Le destinazioni più ambite? La Grecia, con le sue memorie antiche, l'Egitto con i suoi misteri. E in viaggio non mancavano guide furbe che mostravano, facendosi pagare fior di sesterzi, la presunta tomba dell'eroe Achille vicino a Troia e venditori di souvenir di ogni tipo capaci di trovare in ogni occasione il pollo di turno e affibbiargli a peso d'oro la clava di Ercole o un mantello di Alessandro Magno.

E non erano assenti già allora le cattive abitudini se ancora adesso sulle statue dei faraoni in Egitto possiamo leggere iscrizioni di due millenni fa che recitano "Io Palladio di Ermopoli, giudice, vidi e rimasi meravigliato" oppure un più ironico "Ma la mamma sa che sei qui?".

Insomma, in duemila anni tante cose sono rimaste tali e quali, ci aiuta a scoprire Federica Guidi, che dedica anche pagine molto divertenti ai passatempi e ai giochi degli antichi, ai loro gusti a tavola, al piacere di oziare, leggere, chiacchierare, amoreggiare e - perché no?- abbandonarsi, appena possibile, alle gioie del sesso.
© Riproduzione riservata