Niccolò Biddau ha la Sardegna nel cuore. Affermato fotografo, non solo in Italia ma anche nel mondo, conserva dell'Isola l'istantanea più bella: quella dell'amore di un papà e di una mamma, conosciutisi nel 1950 davanti al mare di Bosa Marina.

Quello stesso mare su cui aveva dovuto imbarcarsi il nonno materno, tanti anni prima, quando sul finire dell'Ottocento e in qualità di colonnello degli Alpini si trasferì da Muravera ad Aosta, e poi a Torino dove avrebbe costruito la sua famiglia.

È dal padre, preside di una conosciuta scuola di Torino, che Niccolò eredita la passione per la fotografia: una forma d'arte capace di cristallizzare forme e colori ma anche sensazioni, di rendere immortale non solo un corpo o un paesaggio, ma il particolare sentire di un'epoca e dell'autore dello scatto.

Alessi, assemblaggio del bollitore con fischietto ad uccellino.\r\r © Photo Niccolò Biddau, 2005
Alessi, assemblaggio del bollitore con fischietto ad uccellino.\r\r © Photo Niccolò Biddau, 2005
Alessi, assemblaggio del bollitore con fischietto ad uccellino. © Photo Niccolò Biddau, 2005

E così, sin dai banchi del ginnasio D’Azeglio, nel capoluogo piemontese, Biddau prende in mano la Nikon, per trasformare l'innamoramento di ragazzo in una professione, che lo porta oggi ad esibirsi in Italia, in Europa, nei Paesi dell'Est, negli Stati Uniti. Con un file rouge nella sua produzione che sin dagli esordi è il medesimo: il racconto del legame esistente fra impresa e territorio.

Bottigliette Camparisoda, disegnate da Fortunato Depero nel 1932. © Photo Niccolò Biddau, 2012
Bottigliette Camparisoda, disegnate da Fortunato Depero nel 1932. © Photo Niccolò Biddau, 2012
Bottigliette Camparisoda, disegnate da Fortunato Depero nel 1932. © Photo Niccolò Biddau, 2012

Come nasce questa passione per le foto che raccontano il sistema produttivo italiano?

"Partiamo anzitutto dal dove, e dal quando: siamo a Torino, alla fine degli anni Novanta. Decido di realizzare il mio primo libro da fotografo, "Torino dalle 18 alle 20": una raccolta di scatti della città al tramonto, quando l'architettura e la scultura tornano protagoniste del tessuto urbano. Fra le varie istantanee, alcune ritraggono le aree industriali. E la sorpresa è che quando porto il mio progetto al di là dell’oceano, a San Francisco, sono gli americani a restare affascinati proprio da quegli scatti, invitandomi a farne altri e altri ancora".

Azimut Yachts, processo di infusione su scafo.\r © Photo Niccolò Biddau, 2012
Azimut Yachts, processo di infusione su scafo.\r © Photo Niccolò Biddau, 2012
Azimut Yachts, processo di infusione su scafo. © Photo Niccolò Biddau, 2012

Cosa aveva in particolare colpito, di quelle foto, gli americani?

"A colpirli era stata la capacità di raccontare, per immagini, una realtà produttiva così importante e di cui poco la gente allora sapeva. Era come se per la prima volta la fabbrica aprisse le sue porte all’esterno, e scegliesse per raccontare e raccontarsi il linguaggio più semplice e che arriva dritto al cuore: quello della fotografia. "Voi italiani avete brand, innovazione, creatività, capacità – mi spiegarono - Raccontatevi perché il mondo vi osserva".

Corneliani, dettaglio di finitura a mano.\r © Photo Niccolò Biddau, 2004
Corneliani, dettaglio di finitura a mano.\r © Photo Niccolò Biddau, 2004
Corneliani, dettaglio di finitura a mano. © Photo Niccolò Biddau, 2004

Fu un'intuizione importante.

"Senza alcun dubbio, subito colta e proposta in Italia. Sono partito dal Piemonte, con il racconto delle cinquanta realtà produttive più rappresentative, identificate settore per settore e provincia per provincia. Da lì sono seguiti progetti in buona parte delle regioni italiane, e moltissime mostre".

Zanetti, magazzino di stagionatura delle forme di Grana Padano.\r © Photo Niccolò Biddau, 2011
Zanetti, magazzino di stagionatura delle forme di Grana Padano.\r © Photo Niccolò Biddau, 2011
Zanetti, magazzino di stagionatura delle forme di Grana Padano. © Photo Niccolò Biddau, 2011

Un racconto per immagini della storia del Made in Italy, dunque?

"Non solo della storia del Made in Italy, ma di ciò che sta dietro al Made in Italy, e che è ancora più importante. Si fanno tante mostre e progetti per valorizzare i nostri prodotti e manufatti, ma in pochi si soffermano a descrivere cosa ci sta dietro: il genio e la fatica di ingegneri, designer, stilisti, operai specializzati, professionalità che rappresentano il vero motore del nostro successo all'estero. Nelle industrie italiane la componente umana è ancora fortissima: pensi che nella Bayer italiana, ad esempio, azienda farmaceutica e non certo dell'artigianato, il controllo di qualità delle aspirine viene fatto ancora dagli uomini, e non dalle macchine".

Mi pare di capire che raccontare queste eccellenze produttive, per lei, sia motivo di grande orgoglio.

"E come potrebbe non esserlo? Vede io non accetto le critiche all'economia di questo Paese, troppo spesso descritta sull'orlo di un baratro perché depotenziata e in preda ad acquisizioni straniere. È un’accezione negativa che non fa bene all'Italia e falsifica quella che è la realtà. Se il nostro Paese sta in piedi è perché ha una spina dorsale industriale ancora forte. E non mi piace nemmeno il vittimismo dei giovani pronti a fuggire all'estero. Il nostro è un paese culla di realtà produttive che tutto il mondo ci invidia: pensiamo ai grandi marchi di moda, alla stessa Fiat, a brand come Ducati o Lamborghini, acquisiti certamente da case straniere ma che mai si sognerebbero di cambiare una virgola della produzione fatta in Italia".

Pirelli. Le coperture, dopo il processo di vulcanizzazione, vengono\r destinate alla finitura finale. © Photo Niccolò Biddau, 2012
Pirelli. Le coperture, dopo il processo di vulcanizzazione, vengono\r destinate alla finitura finale. © Photo Niccolò Biddau, 2012
Pirelli. Le coperture, dopo il processo di vulcanizzazione, vengono destinate alla finitura finale. © Photo Niccolò Biddau, 2012

Torniamo alla Sardegna: Niccolò Biddau ha in serbo qualche progetto per l'Isola?

"Un progetto l'avrei, anche se al momento è ancora chiuso nel cassetto. E non riguarda quel mare di Sardegna che ha fatto innamorare i miei genitori, ma le zone dell'interno, che a mio avviso meritano molto più di quanto sino ad oggi hanno ricevuto e potuto offrire. Se ho fatto conoscere il cuore pulsante delle nostre aziende al mondo, lo stesso mi piacerebbe fare con l'Isola. Sarebbe un nuovo capitolo mosso da orgoglio ed entusiasmo, e in omaggio a quell'istantanea di vita e amore di Sardegna che conservo fra i miei tesori più cari".

Virginia Lodi

(Unioneonline)
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