Pochi giorni e sarà fischio d’inizio per gli Europei di calcio. Per gli appassionati l’occasione di tifare per la propria nazionale e di vedere in azione i vari Mbappé, Cristiano Ronaldo e Nicolò Barella. In ogni partita della manifestazione continentale ci sarà anche un altro protagonista oltre ai 22 giocatori in campo. Un protagonista indispensabile, ma misconosciuto, anzi letteralmente preso a calci: il pallone.

In Germania farà, per esempio, il suo debutto il Fussballliebe (che in tedesco significa “amore per il calcio”): un pallone dal cuore tech, che contiene un sensore in grado di processare 500 immagini al secondo e individuare con precisione infrazioni e fuorigioco. Una sfera futuristica che promette un grosso aiuto agli arbitri anche nel determinare i tocchi con mani e braccia. Una sfera che è il frutto non solo dell’innovazione tecnologica, ma di una lunga storia e tradizione che ci viene raccontata da Étienne Ghys, matematico e segretario generale dell’Accademia delle scienze di Parigi, nel suo nuovo libro “L’incredibile storia del pallone da calcio” (Sonda Editore, 2024, euro 18, pp. 144).

Il pallone da calcio, infatti, ne ha fatta molta di strada da quando era un semplice “involucro” di cuoio marrone, con i pezzi cuciti a mano e la valvola sporgente per gonfiare il tutto. Era quello il pallone dei tempi eroici, la palla che in caso di pioggia si gonfiava d’acqua e diventava un macigno capace di stordire i giocatori che la colpivano di testa. Poi, con i Mondiali in Messico del 1970 - quelli di Italia-Germania 4-3, per intenderci – arrivò il primo pallone moderno: il Telstar, con la sua superficie ad esagoni bianchi e pentagoni neri. Fu il primo pallone che si vedeva bene in televisione e un gioiello di artigianato e anche di… geometria e matematica.

Da buon scienziato, Étienne Ghys dimostra come realizzare una palla che mantenga la giusta traiettoria, che rotoli regolarmente e che permetta ai giocatori e ai portieri un buon controllo tutt’altro che scontato e frutto di improvvisazione. Per esempio: vi siete mai chiesti quanti pezzi sono “cuciti” assieme in un pallone da calcio tradizionale? Quanti sono bianchi? E quanti neri? Per rispondere bisogna coinvolgere la geometria, i calcoli matematici e la fisica. A partire dal Telstar del 1970 fino ad arrivare al Fussballliebe (a cui è dedicata la postfazione del giornalista della Gazzetta dello Sport Filippo Maria Ricci), Ghys racconta l’evoluzione del pallone da calcio attraverso campionati mondiali ed europei. Gli ingegneri hanno provato a semplificare e cambiare il pallone per renderlo più aerodinamico, più controllabile e persino più elegante – perché anche l’occhio vuole la sua parte -. Non sempre ci sono riusciti: il pallone usato per i Mondiali di calcio del 2010 in Sudafrica si chiamava Jabulani, che per i sudafricani significa “essere felici”. Peccato che sul campo da gioco non facesse felice quasi nessuno perché era incontrollabile!

Jabulani però ci fa capire come anche i nomi dati ai palloni li rendano ancor più affascinanti: basti pensare al Teamgeist dei Mondiali 2006 in Germania, che in tedesco significa “spirito di squadra” o al Brazuca della coppa del mondo in Brasile 2014, una crasi fra le parole “Brazil” e “bazooka” per arrivare al pallone ufficiale dei Mondiali del Qatar 2022, chiamato Al Rihla (in arabo, “il viaggio”), formato da otto pezzi triangolari e dodici pezzi a forma di aquilone. In geometria potremmo definirlo un icosidodecaedro, cioè uno dei poliedri studiati da Archimede. Per scoprire di cosa esattamente si tratta non vi resta che leggere fino all’ultima pagina “L’incredibile storia del pallone da calcio” di Étienne Ghys.

La copertina
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