1815, campo di battaglia di Waterloo: un messaggero annuncia a Napoleone la comparsa dei prussiani sul fianco del suo esercito, mentre sta per attaccare le truppe di Wellington di fronte. È il momento della verità per il Piccolo caporale che nell’attesa dello scontro ripensa a tutte le volte in cui ha sfidato il destino, trasformando una sconfitta in una vittoria, un fallimento in un successo, una delusione in una gioia. Come a Marengo, dove il suo generale Desaix arriva proprio quando lui sta per abbandonare da sconfitto il campo e gli dice: «Questa battaglia è persa, ma abbiamo ancora il tempo per vincerne un’altra». O in Russia, quando ormai circondato dalle forze dello zar, riesce a svincolarsi passando il ponte della Beresina. Dentro di sé ripete: «Morire non significa nulla, ma vivere sconfitti e senza gloria significa morire ogni giorno».

Comincia così, dall’ultima battaglia di Bonaparte, il romanzo che Andrea Frediani ha dedicato al grande condottiero corso, “Napoleone” (Newton Compton, 2023, pp. 330, anche Ebook).

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

Un romanzo in cui Frediani si cala completamente nei panni di un uomo dalla vita rocambolesca, straordinaria, eternamente in bilico tra passione e guerra. Un’esistenza leggendaria, capace di mettere a soqquadro l’Europa e cambiarne per sempre gli assetti, che nel libro viene raccontata da Napoleone Bonaparte in prima persona, in una sorta di lungo dialogo con se stesso.

Viene così delineato, grazie alla sensibilità e alla grande conoscenza della storia di Frediani, un ritratto a tutto tondo e per certi aspetti intimo sorprendente di Napoleone. Cogliamo i tratti di un uomo scorbutico, introverso, taciturno ma dotato di un carisma enorme e animato dalla forza di un leader mosso da una ambizione sconfinata e da un’assoluta certezza di essere un predestinato. I suoi sogni di gloria diventarono così i sogni anche di chi gli stava accanto. I grandi successi militari gli regalarono inoltre una patente di invincibilità e di superiorità che il grande condottiero aveva già impressa nel suo Dna. Tutta la mia ascesa si svolse, come ben racconta Frediani descrivendo le imprese militari di Napoleone, sotto il segno della guerra: «Uomini come me tengono in poco conto le vite di un milione di altri uomini» amava ripetere e in queste parole c’era tutta consapevolezza quasi delirante del personaggio.

Insomma, se l’ambizione di Napoleone era enorme, il suo ego era smisurato e non accettava che nulla gli facesse la minima ombra. Così, nel 1806 costrinse Francesco II d’Asburgo a mettere fine al Sacro Romano Impero che esisteva dai tempi di Carlo Magno perché non doveva esserci corona imperiale più blasonata di quella che aveva cinto lui stesso nel 1804. Una corona imperiale che Napoleone si era posto sul capo da solo, dicendo tra l’altro «Dio me l’ha data, guai a chi me la tocca» e rifiutando che l’incoronazione avvenisse per mano del papa o di un vescovo come era sempre accaduto fino a quel momento. Anzi, il pontefice, Pio VII, fu costretto a presenziare alla cerimonia ma nelle vesti di semplice spettatore.

Naturalmente questa assoluta fiducia nei propri mezzi e questa sfrontata superbia portarono anche a risultati eccezionali. Il suo genio militare e il suo coraggio seducevano i suoi soldati e intimorivano gli avversari e la sua intraprendenza alimentava progetti di grande portata. Napoleone è stato, infatti, un innovatore in molti campi: nella strategia militare, nelle armi da guerra, nell’amministrazione pubblica, nell’urbanistica, nel sistema scolastico che ha reso statale e non più solo privato a disposizione dei più ricchi. Anche fuori dal campo di battaglia il condottiero corso era assolutamente certo di poter lasciare un segno indelebile tanto da scrivere, dopo aver approvato il Codice civile, la grande raccolta di leggi dello Stato francese: «Ho creato un codice che eternerà il mio nome fin nei secoli più lontani». E qui non sbagliò di molto perché le leggi napoleoniche influenzarono profondamente il diritto di tante nazioni d’Europa, Italia compresa. Altri errori ne commise, alcuni enormi, come racconta il romanzo di Frediani: si fidò troppo dei suoi parenti concedendo loro titoli e reami e non seppe mai essere uomo di pace perché trovava la sua ragione di esistere nella battaglia. Segnò però un’epoca e ancora oggi è al centro del dibattito non solo storico, come dimostra anche “Napoleon”, il film che gli ha dedicato Ridley Scott e da poco nella sale. Fu un conquistatore e un visionario, visse circondato da migliaia di fedelissimi, ma morì solo, ma non dimenticato.

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