I giovani nerd non lo sanno, e se lo sapessero riderebbero di noi. Ma vent'anni fa, in questi giorni di dicembre, tutto il pianeta era terrorizzato dal millennium bug. Forse il più grande falso allarme della storia, dato che la paura della fine del mondo - che avrebbe caratterizzato l'esaurirsi del millennio precedente - era in realtà un privilegio di pochi: nell'anno 999 dell'era cristiana la stragrande maggioranza degli abitanti della terra non sapeva di essere nel 999.

Secondo i profeti di sventure tecnologiche, allo scoccare della mezzanotte del capodanno 2000 il baco del millennio avrebbe potuto provocare la paralisi di quasi tutti i computer del globo. Compresi i sistemi complessi che gestivano le grandi fabbriche, o i servizi pubblici cruciali come i viaggi aerei e i trasporti in genere, la sanità, le poste, persino la difesa degli Stati. Tutto per colpa del metodo di impostazione della data nei processori dell'epoca: per risparmiare memoria, risorsa assai scarsa nei calcolatori di prima generazione, l'anno veniva indicato con due sole cifre. Per dire: 84 anziché 1984. Quindi si temeva che, nello scatto da "99" a "00", le macchine lo interpretassero come l'anno 1900, e questo potesse mandarle in tilt. Era questo il "baco", termine che indica i malfunzionamenti dei programmi informatici.

I titoli de L'Unione Sarda
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Non accadde praticamente niente di tutto quel che si era paventato. Le pagine dei quotidiani di allora raccontano una transizione senza danni, dopo mesi di previsioni nefaste. Wikipedia riporta solo qualche disagio molto marginale: biglietti non timbrati su alcuni autobus australiani, slot machine in panne nel Delaware e poco altro. In Italia, minuzie ancor meno rilevanti. Eppure, nei mesi precedenti, si era vissuta una vera psicosi. Oggi fatichiamo a ricordarcelo, perché come tutti i pericoli scampati l'abbiamo archiviato in fretta: ma era diventato un argomento di conversazione comune, ben oltre la cerchia degli esperti di informatica. E chi aveva responsabilità politiche o gestionali di qualsiasi tipo, piccole e grandi, si sentì in dovere di prendere precauzioni.

Gianni Fenu, prorettore Ict  dell'università di Cagliari (foto Unica.it)
Gianni Fenu, prorettore Ict  dell'università di Cagliari (foto Unica.it)
Gianni Fenu, prorettore Ict dell'università di Cagliari (foto Unica.it)

"Tutte le grandi strutture avevano creato dei comitati per il millennium bug", ricorda Gianni Fenu, oggi docente di Informatica e prorettore Ict dell'Università di Cagliari, che si occupò del problema non solo per l'ateneo ma anche per le principali Asl, di cui era consulente. "C'era un'unità di crisi in ogni prefettura, come del resto accadeva in tutti gli altri Paesi europei e non solo. Gli enti pubblici e le grandi aziende private avevano il loro comitato. Per organizzare le contromisure si fecero riunioni per vari mesi, più ravvicinate man mano che si avvicinava la data fatidica. Il prefetto, il rettore, i vertici della Regione, i manager delle aziende sanitarie, erano tutti angosciati da quello che sarebbe potuto accadere".

Fenu in realtà era abbastanza tranquillo: "Ritenevo molto sproporzionato l'allarme rispetto ai rischi reali. In Sardegna non successe proprio niente". Il professore provò comunque un piccolo brivido, nella notte di San Silvestro: "Ero a casa, stavamo aspettando la mezzanotte per brindare, quando mi arrivò la chiamata di uno dei nostri tecnici. Oddio, pensai, cos'è successo? Invece voleva solo farmi gli auguri perché non era potuto venire alla festicciola con i colleghi". Un altro testimone della grande apprensione di quelle settimane è l'attuale capogruppo del Pd in Consiglio regionale Gianfranco Ganau, che nel 1999 guidava la centrale operativa di Sassari del 118, un servizio partito da appena un anno: "È vero, vivemmo quella vicenda inizialmente con grande ansia. Ci dissero che c'era il rischio di blocco totale del sistema di coordinamento dei mezzi di soccorso, se fosse saltato l'aggiornamento automatico degli orari. Erano messe in discussione anche le comunicazioni radio e persino le chiamate in entrata: non eravamo sicuri di poter ricevere le telefonate della gente che chiedeva il nostro intervento". Ganau fu uno di quelli che partecipò alle frequenti riunioni dei vari comitati, e alla fine arrivò alla sera del 31 dicembre piuttosto fiducioso, per via degli aggiornamenti software che erano stati fatti. Ma per sicurezza aveva predisposto un complesso sistema alternativo, comunicato per tempo alla stampa per informare i cittadini, così da riuscire a garantire gli interventi di soccorso anche nel caso in cui il baco avesse davvero paralizzato i computer del 118. "Non ho trascorso in centrale la notte di Capodanno, non ce n'era bisogno. Ma ero in contatto continuo con i colleghi. Filò tutto liscio, a posteriori possiamo dire che i timori erano esagerati: ma prima era doveroso prendere ogni precauzione".

Il fatto è, riprende Gianni Fenu, che adeguare i software era costoso. "E quasi tutte le strutture dipendevano da ciò che dicevano le società esterne a cui avevano affidato i servizi informatici, e che già da due anni avevano ipotizzato chissà quali sconquassi. Insomma, alla fine il millennium bug diventò un business. Sarei curioso di vedere come sono cresciuti in quel periodo i costi dei servizi di manutenzione, e i fatturati del settore Ict". Non che fosse tutto un complotto: "Questo no, la radice storica del problema era reale", chiarisce il professore. "Poi la notizia è stata enfatizzata e qualcuno ci ha marciato, come spesso succede, lucrando sulla paura dell'ignoto che caratterizza la specie umana".

Cristina Cabras, docente di psicologia sociale dell'Università di Cagliari (archivio L'Unione Sarda)
Cristina Cabras, docente di psicologia sociale dell'Università di Cagliari (archivio L'Unione Sarda)
Cristina Cabras, docente di psicologia sociale dell'Università di Cagliari (archivio L'Unione Sarda)

In effetti l'angoscia per il baco appare una forma di millenarismo tecnologico, un atteggiamento superstizioso legato allo scattare di una cifra - l'anno 2000 - che è solo una convenzione (e pure sbagliata: secondo gli storici, Gesù nacque attorno al 4 a. C., se non prima). "Fenomeni simili sono il sintomo di credenze irrazionali, che però ci servono per rendere il mondo più controllabile e prevedibile", riflette Cristina Cabras, docente di Psicologia sociale all'Università di Cagliari. "Tutto ciò che non è sufficientemente noto, tutto ciò che non ha una possibilità di verifica, aumenta i nostri livelli di ansia". In questo caso l'ignoto non si annidava solo nell'insolita esperienza della fine di un millennio, ma anche nel nostro rapporto con la tecnologia: usiamo tutti i giorni i computer ma - tranne pochi addetti ai lavori - non sappiamo molto di come funzionino, quale magia ci sia dietro. "È tipico della natura umana cercare di dare senso ad aspetti della vita che ci sfuggono, attribuendo ad alcune cose delle facoltà inesistenti e non verificabili. Basta pensare alle superstizioni: in realtà si sa che un gatto nero o il numero 17 non possono avere effetto su di noi, ma ci piace credere che ce l'abbiano". Ognuno crede in qualcosa: sotto un certo profilo, anche la religione si basa su assiomi indimostrabili, e per quello parliamo di fede. "Ma persino chi crede nella scienza - fa notare Cabras - in effetti, a meno che non abbia competenze specifiche, si fida degli scienziati. Io posso dare credito a Margherita Hack anziché agli oroscopi, ma non ho gli strumenti per verificare quello che dice. Dal punto di vista psicologico, anche questa è una credenza".

Gianfranco Ganau (archivio L'Unione Sarda)
Gianfranco Ganau (archivio L'Unione Sarda)
Gianfranco Ganau (archivio L'Unione Sarda)

Il web e i social network non hanno cambiato le cose: "Anzi, hanno reso più facile la diffusione di alcune credenze irrazionali", sottolinea la psicologa. E li usiamo soprattutto per cercare conferme alle cose che pensiamo già: "Anche questo è un modo per ridurre i nostri livelli di ansia". Al tempo del millennium bug non si usava ancora parlare di fake news, ma in fondo quell'inesistente cataclisma digitale è stato il capostipite di una lunga serie di bufale che, grazie alla rete, girano il mondo in un attimo. Però aveva almeno una data di scadenza: quelle odierne, invece, neppure le evidenze assolute riescono a schiodarle dalle certezze dei creduloni.
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