“L’ultimo politico”: Aldo Cazzullo ci racconta virtù ed errori di Bettino Craxi
Dialogo con il giornalista che nel suo libro ha esplorato la figura dell’uomo e del politico socialistaAldo Cazzullo (foto Fabrizio Zani)
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Fine ottobre del 1999. Aldo Cazzullo arriva a Tunisi mentre in Italia si diffonde la notizia del ricovero di Bettino Craxi. Il leader socialista, rifugiatosi ad Hammamet in Tunisia nel 1994 per sfuggire all'arresto, morirà pochi mesi dopo, il 19 gennaio del 2000. Partendo da questi ricordi personali – la malattia di Craxi, il tentativo disperato di salvarlo con un intervento chirurgico, la sua morte e il funerale – Cazzullo in Craxi. L’ultimo vero politico (Rizzoli, 2025, Euro 25,00, pp. 280. Anche Ebook) offre un racconto che esplora la figura dell'uomo e del politico che ha incarnato più di ogni altro la modernizzazione della Repubblica italiana e la crisi del sistema dei partiti. Un ritratto arricchito da aneddoti personali e un'eccezionale selezione di fotografie, che si propone di ricostruire la storia del Craxi giovane militante, l’ascesa al potere e i suoi rapporti con i leader nazionali e internazionali dell’epoca, mettendo in luce anche la dimensione umana e intima del leader del socialista. Il libro si spinge anche ad esaminare l’eredità craxiana, quel nodo irrisolto della fine della Prima Repubblica che in Craxi trova una rappresentazione palpabile: un uomo di potere venerato e vituperato, capro espiatorio di una stagione segnata dal malaffare, esiliato considerato illustre da alcuni e latitante da altri (e dalla giustizia italiana). A venticinque anni dalla scomparsa di Bettino Craxi, l’autore del libro lo definisce l’ultimo vero politico italiano dotato di spessore e visione. Ma da dove nasce questa definizione? Lo chiediamo proprio ad Aldo Cazzullo.
“Il mio libro comincia dicendo che sono uno dei milioni di italiani a cui Craxi, quando era Craxi, non piaceva perché lo trovavo arrogante. Il ritratto che faccio del leader socialista nel libro è, quindi in chiaroscuro, fatto di luci e ombre. Craxi commise errori, commise anche reati, però è stato un grande politico. Dopo di lui non ci sono più stati politici di quel livello. Berlusconi si faceva vanto di non essere un politico e in fondo anche Ciampi non lo era. Forse abbiamo avuto in realtà due leader politici ultimamente, che sono stati Matteo Renzi e Giorgia Meloni. Renzi si è autodistrutto e vedremo che fine farà Meloni”.
Quali furono i suoi più grandi successi?
“Non c'è dubbio che Craxi avesse delle doti fuori dall'ordinario: fu il primo socialista Presidente del Consiglio, vinse il referendum sulla scala mobile che serviva ad abbassare l'inflazione. Di solito i Presidenti del Consiglio li perdono, come sappiamo.
Difese la sovranità nazionale a Sigonella nel 1985 quando gli americani volevano violarla. Insomma, ha avuto sicuramente dei meriti storici. Era anche un'altra epoca politica: negli anni Ottanta del Novecento l'economia italiana galoppava, superava quella del Regno Unito. L'Italia era un Paese medio in un mondo piccolo, adesso l'Italia è un Paese piccolo in un mondo grande. Questo onestamente non c'entra nulla con la figura di Craxi, ma oggettivamente mi pare che si possa dire che il livello della classe politica è comunque molto sceso”.
Quali furono le maggiori virtù di Craxi?
“Le sue virtù erano una formazione solida, una grande personalità, la capacità di decidere, il coraggio, anche fisico. Mi piace ricordare quando andò in Cile a posare un fiore sulla tomba di Salvador Allende, in piena dittatura di Pinochet. Un soldato gli intimò l’alt, gli puntò contro l’arma, gli disse di non fare un passo altrimenti avrebbe sparato. Craxi avanzò, depose il fiore e il soldato non sparò”.
E i suoi grandi errori?
“Furono due. Il primo la partecipazione a un sistema marcio, corrotto e indifendibile. Il secondo non aver capito per tempo che la sua stagione era finita. Non comprese che il crollo del Muro di Berlino avrebbe fatto saltare il banco della politica italiana. La paura del comunismo non era più sufficiente a mantenere il consenso per un sistema politico come quello della Prima repubblica. Quando Mario Segni lanciò il referendum sulla preferenza unica che doveva limitare lo strapotere della segreteria sui partiti, Craxi invitò gli italiani a disertare la consultazione, andando al mare. Invece tutti andarono a votare proprio perché Craxi aveva detto di non farlo.
Esiste una eredità di Craxi oggi?
“Oggi, paradossalmente, l'eredità di Craxi, uomo di sinistra, viene rivendicata dalla destra. Quindi c'è una certa confusione. Di sicuro Craxi seppe indicare alcune questioni che sono ancora attuali: la governabilità, addirittura il presidenzialismo”.
Ha un ricordo personale di Craxi che vuole raccontarci?
“Nel libro, oltre a Craxi, racconto la mia esperienza personale a contatto con il leader socialista negli ultimi mesi della sua vita. Ricordo che quando Craxi si ammalò, un po’ tutti i giornalisti andavano ad Hammamet a raccontare la sua malattia. Tutti scrivevano che Craxi stava trattando il suo ritorno in Italia. Io scrissi che il leader socialista aveva detto: ‘Voglio essere operato qui in Tunisia, morire qui, essere sepolto qui’. Ed è quello che è accaduto”.