“Chi si lamenta della vecchiaia è un demente […] a noi anziani tutto è permesso e persino un vecchietto che ruba in un supermercato è visto con candore e compassione […] eppure la cosa più preziosa che si conquista grazie alla vecchiaia è il rispetto. L’integrità morale, la solidarietà, la cultura e il talento sono nulla di fronte alla pelle incartapecorita, le macchie sulla testa e le mani tremolanti. Ad ogni modo oggi sono un uomo rispettato e, si badi, non è poca cosa”.

È coì che si presenta Cesare Annunziata, ha settantasette anni e ritiene di aver sprecato i suoi anni migliori: “La mia vera essenza, i desideri, l’energia e l’istinto sono conservati in tutto ciò che avrei voluto fare. Non è bello sentirsi ripetere che hai sbagliato per una vita intera, hai speso male le tue carte e ti sei ritirato dal tavolo mentre saresti dovuto andare a vedere la giocata, anche se rischiavi di perdere tutte le fiches che avevi davanti. Che poi mica è semplice recuperare il tempo perduto, in pochi anni devi mettere a posto un’esistenza”. Come tutti gli anziani, anche lui ha le sue ossessioni: tappezza la tavola del water con della carta igienica e odia i nodi, quelli del filo del telefono o dei lacci delle scarpe, per questo usa solo mocassini e telefoni senza fili. Abita a Napoli, una città poco in linea con la sua sociopatia, motivo per cui evita ogni forma di dialogo sociale.

Cesare frequenta Rossana, un’ex infermiera, ma solo per degli occasionali incontri sessuali, perché ha ancora le sue voglie da soddisfare e non se ne vergogna. Per la sua salute mentale, ha compreso che non deve farsi carico dei problemi della famiglia, motivo per cui non vuole fare il nonno. Ha due figli: Dante e Sveva. Dante è gay e Sveva ha un carattere difficile. Sua moglie Caterina è morta, ma lui non l’ha mai amata.

L’ha odiata, perché, per colpa sua, aveva dovuto fare il ragioniere, mestiere che non tollerava, così come non era stato capace di fare il padre. Tuttavia, non era riuscito a cambiare nulla della sua vita ed è per questo che era divenuto un vecchio burbero: “Quello che siamo svanisce col corpo, quello che siamo stati, invece, rimane custodito nei nostri cari”.

Da un po’ di tempo, una giovane coppia ha affittato un appartamento accanto al suo. Cesare ha da subito avuto un sentore: Emma subisce delle violenze dal suo compagno, perché ha sentito delle litigate e ha intravisto i suoi occhi lividi e gonfi dietro le lenti degli occhiali. Cesare avrebbe voluto non impicciarsi, ma quel viso tumefatto l'ha spinto a reagire e a prendere in mano la situazione.

Sentendosi d’aiuto per Emma, l’anziano riscopre delle parti di sé che aveva pensato di non avere; riflette su se stesso, sulle scelte fatte e sulla felicità a cui ha sempre rinunciato per gli altri: “Non c’è solo un modo per affrontare la solitudine, c’è chi si rinchiude in casa, chi si affeziona troppo agli animali, chi, infine, impara a conversare col silenzio”.

“La tentazione di essere felici” è un romanzo di Lorenzo Marone, edito da TEA.

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

È un libro intriso di profonde tematiche: dalla solitudine della vecchiaia fino all’importanza dell’altruismo, che risveglia nell’anziano la consapevolezza di potersi sentire ancora utile per il prossimo. Il personaggio di Cesare ci mostra come la solitudine possa divenire anche occasione di riflessione per cogliere il senso profondo della vita, che ridimensiona la concezione del tempo, della progettualità e di quelle tutte le occasioni che non sono state colte per una mancanza di coraggio: “Passi la vita a credere che un giorno ciò che speri accadrà, salvo poi accorgerti che la realtà è molto meno romantica di quanto pensi. È vero, i sogni qualche volta si presentano alla tua porta, ma solo se ti sei preso la briga di invitarli. Altrimenti puoi star certo che la serata la trascorri da solo”.

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