Della sua storia si è parlato tanto perché lei, giudicata colpevole di stregoneria dall’autodafé nel 1583, è stata la prima vittima dell’inquisizione in Sardegna, ma un film sulla levatrice di Seui Catalina Lay non era mai stato realizzato.

Le vicende della donna costretta dal tribunale ecclesiastico a confessare tutti gli assurdi capi di imputazione a suo carico, che le costarono duecento frustate, pene umilianti e sei anni di carcere rivivono nel cortometraggio “La levatrice”, del regista albanese Mateo Çili. L’opera, interamente girata a Seui, ha vinto il premio come miglior produzione al festival Cinemadamare, ideato da un gruppo di cineasti che porta in giro per l’Europa un interessante progetto raccontando i territori e i suoi personaggi.

A vestire i panni di Catalina è stata Camilla Vargiu, attrice di Domus de Maria che con la sua toccante interpretazione ha dato voce a una donna vittima di ignoranza e superstizione che attendeva di parlare da oltre quattro secoli. “Quando sono stata contattata per far parte di questo progetto l’idea mi è subito piaciuta, sia perché ho una forte connessione con Seui sia perché l’idea di interpretare una donna accusata di stregoneria mi intrigava molto – racconta Camilla Vargiu -, il cortometraggio vuole trasmettere un messaggio di protesta, è un simbolo di resistenza che invita a ragionare con la propria testa e ad andare oltre il pensiero condiviso. Abbiamo girato per circa dodici ore per riuscire a condensare un corto di 7 minuti: recitare nel carcere spagnolo e nella foresta è stato molto emozionante”. Camilla Vargiu, oltre a essere un’attrice è anche autrice di opere teatrali, come quella presentata all’XI edizione del festival Teatro da Balcone, che si è tenuto il mese scorso a Santu Lussurgiu, che affronta il tema della violenza di genere. “I prossimi mesi saranno caratterizzati da diversi impegni – rivela Camilla Vargiu -, il 14 settembre terrò un workshop durante la rassegna cinematografica AngoLazioni di Sant’Anna Arresi, poi continuerò a scrivere e recitare”.

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