IL PRIMO VOLUME TEMATICO - Album Sardo prosegue con un volume diverso dai precedenti, con un focus sulla storia mineraria della Sardegna lungo un arco cronologico che va da fine '800 ai giorni nostri e immagini di più autori. Un racconto che ripercorre l'epoca d'oro dell'attività estrattiva, con la costruzione dei grandi complessi minerari e l'afflusso di manodopera da tutta la Sardegna e da altre aree d'Italia, e poi l'epoca fascista, con la fondazione di città come Carbonia e il boom del dopoguerra, passando per la fase delle lotte sindacali di fine '900, le drammatiche chiusure delle miniere e il conseguente abbandono dei comuni limitrofi, dove risiedevano gli operai con le loro famiglie.

Le pagine interne del volume di Album Sardo dedicato alle miniere
Le pagine interne del volume di Album Sardo dedicato alle miniere
Le pagine interne del volume di Album Sardo dedicato alle miniere

MINIERE: SOGGETTO FOTOGRAFICO IRRESISTIBILE - Il paesaggio minerario e le masse di operai - e operaie - che l’hanno vissuto e reso pulsante, sono da sempre un soggetto magnetico per tutti i fotografi, compresi molti degli autori di Album Sardo che si sono cimentati con il tema: chi come Vittorio Besso documentando la costruzione dei grandi complessi estrattivi a fine '800, chi come i fotografi Guido Costa, Federico Patellani e Franco Pinna puntando l’obiettivo sui volti di quei lavoratori che alla miniera hanno sacrificato gran parte della propria vita. E non poteva mancare la fotografia celebrativa, quella che negli anni del regime mussoliniano ha documentato la fondazione e la crescita esponenziale della “città nuova “ di Carbonia, a cui fanno da contraltare le immagini del contemporaneo Dario Coletti, che nei due reportage “Gente di Miniera” e “Okeanos & Hades, Chronicles from Sardinia” ha voluto ritrarre le condizioni di lavoro estreme all’interno delle miniere e il lento declino di un mondo prossimo alla scomparsa.

L'immagine di Murru della laveria Principe Tommaso nella miniera di Montevecchio pubblicata nell'Album Sardo.
L'immagine di Murru della laveria Principe Tommaso nella miniera di Montevecchio pubblicata nell'Album Sardo.
L'immagine di Murru della laveria Principe Tommaso nella miniera di Montevecchio pubblicata nell'Album Sardo.

LA TESTIMONIANZA DI DANILO MURRU – A chiudere simbolicamente questo volume abbiamo scelto di pubblicare l’immagine del fotografo cagliaritano 44enne Danilo Murru, che oggi vive in Gran Bretagna e che alla storica miniera di Montevecchio ha dedicato il recente volume “Ciò che rimane”, omaggio a un passato glorioso e insieme denuncia dello stato di abbandono in cui versa il grande complesso estrattivo. Nipote di un minatore di Montevecchio, legato da intensi ricordi familiari a quel che resta del luogo, in un’intervista ci ha descritto come è nata l’idea di questo reportage e perché la miniera può ancora essere una risorsa: “Sono praticamente cresciuto intorno a quella miniera, la sua presenza l'ho sempre data per scontata. Crescendo, però, ho scoperto pian piano il suo immenso valore e la sua fragilità, ho sentito la necessità di proteggerla, mi faceva male vederla cadere a pezzi ogni volta che rientravo in Sardegna e andavo a visitarla. L'unico mezzo a mia disposizione era la fotografia e quindi ho cominciato ad scattare e archiviare immagini con in mente l'idea di farne un libro per fermare il tempo e preservare la miniera nel suo stato attuale. Un po' come metterla sotto formalina per proteggerla dalle intemperie, dal vento Maestro e dalle cattive amministrazioni".

Un ritratto del fotografo Danilo Murru
Un ritratto del fotografo Danilo Murru
Un ritratto del fotografo Danilo Murru

Sono luoghi a cui si guarda con rimpianto, come a una stagione finita?

“Non so mio nonno quale amore potesse avere per la miniera o se la guardasse con rimpianto una volta in pensione, perchè per trent'anni là dentro ci ha sputato sangue. Per noi oggi è diverso, vediamo la miniera come un'importante pagina della nostra storia e il rimpianto è veder crollare quello che è stato un simbolo di progresso e modernità per 150 anni".

Sono anche luoghi simbolo di quella Sardegna “sfruttata” dall’esterno, lei condivide questa idea?

"Innegabile che chi raccoglieva i frutti della miniera erano spesso ricchi industriali d'oltremare e multinazionali straniere, mentre chi respirava polveri pesanti e moriva sotto terra erano i poveri minatori sardi e non solo, perché miniera infatti attirava lavoratori da tutta Italia".

Anche la valorizzazione di questi luoghi può essere una carta per il rilancio della Sardegna?

"Assolutamente sì. La miniera ha ancora tantissimo da offrire. Il territorio è immenso e meraviglioso, praticamente tutto il Sud Ovest dell'isola è costellato di miniere. Molte sono visitabili, altre in stato di abbandono totale - vedi la colonia marina di Funtanazza - e negli ultimi anni diverse strutture sono state recuperate e date in gestione a cooperative di giovani che organizzano visite guidate per turisti. Nella zona che conosco meglio, quella di Montevecchio e Guspini, ci sono molte persone che si scontrano quotidianamente con la burocrazia per salvare la memoria e il futuro della miniera. Ci sono segnali positivi ma c'è ancora molto, molto da fare".

Hai visto qualcosa di simile in Gran Bretagna?

"Le miniere del Galles e dello Yorkshire sono un polo attrattivo quasi più adesso che sono chiuse di quanto non lo fossero quando erano attive, Le hanno trasformate in veri e propri musei, alla fine del percorso o all’ingresso delle strutture c’è sempre un bookshop che ti vende una cartolina, un libro o un ricordo del posto, e ci sono ristoranti e caffetterie, tutte cose che generano economia per l'intera comunita' e inoltre sono aperti tutto l'anno. Possiamo farlo anche noi, servono degli investitori, le risorse e la storia per attirare visitatori non mancano".

Barbara Miccolupi

(Il settimo volume di Album Sardo è in edicola da sabato 12 agosto in abbinamento facoltativo a L'Unione Sarda - 2,80 Euro oltre al prezzo del quotidiano).
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