Cuocere alla griglia non è solo un modo di cucinare gli alimenti: è soprattutto una maniera di intendere la convivialità e lo stare assieme, un’occasione per riscoprire il contatto con gli spazi aperti.

È anche un metodo per ritrovare ritmi più rilassati, lenti, dettati non dal timer di un microonde ma dall’azione lenta e costante delle braci roventi come avveniva nella notte dei tempi.

Pensiamoci: la prima grigliata della storia avvenne probabilmente all’alba dei nostri giorni nella savana: alla fine di una battuta di caccia, un pezzo di carne finì per errore in uno dei fuochi accesi dai nostri progenitori per tenere lontane le fiere e per scaldarsi dal freddo notturno. Era costato fatica quel pezzo di preda, una giornata intera di inseguimento, e anche se bruciacchiato qualcuno lo assaggiò, scoprendo che la carne passata al fuoco era molto meglio che cruda. Così, ogni notte da allora, le donne e i bambini presero a radunarsi attorno agli improvvisati falò, mentre i cacciatori abbrustolivano le carni al fuoco.

UNA TRADIZIONE DA NON PERDERE - Nacque probabilmente così il barbecue, non solo metodo di cottura, ma soprattutto tradizione, usanza capace di mantenere pur nell’era del digitale le sue matrici ancestrali. Sulla griglia domina ancora la carne, anche se la ventata vegetariana e salutista degli ultimi decenni ha fatto un poco di spazio alle verdure, al pane per le bruschette e ai formaggi. Certo, con disappunto dei puristi di questo rito da giorno di festa. Allo stesso tempo il barbecue rimane un universo ancora tipicamente maschile, una versione culinaria e proletaria dei vecchi club inglesi "only for men". Ancora: nonostante anche nel mondo della carbonella la tecnologia faccia sentire il suo peso ed esistano barbecue a gas oppure – orrore! - elettrici, la vera grigliata richiede legna o carbone e tanta pazienza. E, come nella savana preistorica, si deve essere all’aria aperta, sia anche il giardino 4 metri per 4 davanti a casa oppure un terrazzino a strapiombo sulla cantonale. Il barbecue ha bisogno di un pizzico di cielo a rischiarare le carni che sfrigolano quasi facendo festa. Un party da vivere in compagnia, con familiari e amici.

UNA MODA CHE NON HA CONFINI - Così viene vissuto il barbecue negli Stati Uniti, terra dove braci e griglia sono una sorta di religione minore e collettiva che unisce tutti, da Manhattan ai cottage sui Grandi Laghi, passando per le pianure dello Iowa e le terre assolate del Texas. Una religione da praticare in ogni festività, appena fa capolino un poco di sole e di cielo azzurro e che i discendenti dello zio Sam hanno ereditato dai popoli pre-colombiani.

Secondo la tradizione, infatti, il termine "barbecue" deriva dallo spagnolo "barbacoa", parola che i conquistadores appresero nel Nuovo Mondo nel Cinquecento.

Ancora oggi in alcuni stati dell'America Latina barbacoa ha il significato di intreccio di canne, traliccio, rete, mentre in altri, primo fra tutti il Messico, significa proprio griglia su cui cuocere gli animali interi. Da questa tradizione differiscono – e c’è da stupirsi conoscendo quanto ci tengano a primeggiare i nostri vicini - i francesi. Anche per loro tutto ebbe inizio nei primi decenni dell’esplorazione delle Americhe ma furono i sudditi del re di Francia che, dopo essersi meravigliati del fatto che i nativi americani cuocevano gli animali interi, li assaggiarono, e ne rimasero talmente entusiasti che li gustarono "de la barbe à la queue" (dalla barba fino alla coda).

Insomma, da veri colonialisti, si papparono tutto e lasciarono a bocca asciutta i poveri indigeni.

UN RITO CON LE SUE LITURGIE - Sia come sia, "Francia o Spagna purché se magna", dice un proverbio italiano e poco importa la paternità etimologica: il barbecue oggi piace pressoché a tutti ed è diventato sinonimo di relax, di convivialità priva di fretta e di assilli.

In poche parole, la cosa più distante dalla mensa e dal surgelato scaldato nel microonde. Una grigliata con tutti i crismi richiede, infatti, tempo, attenzione e un poco metodo. Basta pensare a quanto è diversa la preparazione delle braci – quando è fatta con gli elementi giusti – da tanti gesti automatici e immediati che facciamo oggi. C’è la scelta della legna, se per una volta si vuole tralasciare la comodità della carbonella. E legni diversi danno aromi differenti ai cibi, restituiscono profumi sorprendenti. C’è l’accesione dei ciocchi, alla maniera antica, con pezzetti di carta, trucioli di legno e aria di mantice.

Infine la cura delle braci che in un barbecue devono essere ardenti e coperte da un leggero strato cenere, prive di fiamma per non bruciare i cibi. Cibi da cuocere con lenta progressione, girandoli poco e senza ma inforchettarli, così da giungere integri sul piatto e al momento giusto, senza ansie. Se non si è pronti a questo, a una sorta di rito ancestrale e collettivo, meglio ripiegare su prosciutto e melone oppure sull’immarcescibile riso freddo!

LETTURE CONSIGLIATE:

Steven Raichlen, La bibbia del barbecue, Rizzoli, 2017 - I segreti del barbecue. Griglia e barbecue in 130 ricette, Giunti Editore, 2017

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