Tutto e ora. Erano queste le nostre bussole per una vita vissuta di corsa, nella quale l'attesa, se non bandita, era quantomeno vissuta con disagio perché sinonimo di perdita di tempo, minor lavoro, minori profitti. Ma un virus invisibile e cattivissimo ha capovolto le nostre esistenze e ci ha costretto a fare i conti, non sempre facili, proprio con la "incriminata" condizione.

Così abbiamo imparato ad aspettare ogni santa sera notizie incoraggianti sull'andamento del contagio che affligge il mondo, ad attendere fiduciosi il giorno in cui la nostra nuova normalità sarà abbastanza simile a quella che avevamo una vita fa. Aspettiamo, impazienti, di riavere ciò che crediamo di aver perduto.

Eppure attendere è un'arte raffinata, cantata nella letteratura, fin dai tempi di Omero, che affidò alla bella e fedele Penelope l'attesa, durata ben dieci anni, di un marito troppo curioso e molto trasgressivo. Penelope è una donna fedele, sapientemente furba, che fa della sua infinita attesa un capolavoro di astuzia, illudendo gli avidi pretendenti, tenendoli sulla corda, senza mai conceder loro nulla.

E' vero, l'attesa può anche essere ossessione, come insegnano "Godot" di Samuele Beckett, "Il deserto dei tartari" di Dino Buzzati, "La nevrosi dell'attesa" di Sigmund Freud, citatissimi in questo tempo di clausura. Eppure intorno all'idea di attesa bella, piena, sono state scritte bellissime pagine e altrettanto intensi versi. Perché l'attendere è una promessa di qualcosa che verrà, è l'emozione per ciò che deve accadere e che desideriamo. Basta pensare a Giacomo Leopardi e al "Sabato del villaggio", il giorno che precede la noiosa domenica. La vigilia è il momento di massima felicità: "…questo dei sette è il più gradito giorno, pien di speme e di gioia, diman tristezza e noia recheran l'ore".

Anche Eugenio Montale colma i suoi versi di aspettative, sia anche solo un temporale estivo che rompe l'afa, come in "Gloria del disteso mezzogiorno" nella raccolta Ossi di seppia: "La buona pioggia è di là dallo squallore, ma in attendere è gioia più compita" o nel "Sogno del prigioniero": "L'attesa è lunga, il mio sogno di te non è finito".

C'è stata dunque una stagione in cui aspettare qualcosa o qualcuno era una condizione che faceva dire allo scrittore premio Nobel, Elias Canetti, . Eppure fino a che il Covid-19 non ha sconvolto il ritmo delle nostre giornate, il mettersi in attesa era sempre più assimilato alla perdita di tempo, all'incapacità di stare al passo con le regole imposte dal Real Time: tutto e ora.

Ma soffermandoci ancora su romanzi e versi, sul potente concetto di attesa la letteratura marinara ha costruito capolavori da quali non si può prescindere. Basta pensare a "Moby Dick" di Herman Melville: la balena bianca, archetipo dell'assoluto, è l'essenza dell'attesa: dentro ciascuno di noi alberga un piccolo capitano Achab. O "Linea d'ombra" di Joseph Conrad, romanzo in cui la snervante assenza di un vento che gonfi le vele e faccia ripartire la nave, si trasforma in un'attesa dello spirito. E guarda caso, l'equipaggio del veliero è piegato dalle febbri tropicali (un po' come noi, messi all'angolo dal Covid-19). C'è poi il mondo dell'arte, grande maestra. Che dire dello scultore-pittore Lucio Fontana e dei suoi straordinari tagli sulla tela? Sono il tempo dell'attesa. Dal 1958 ha lavorato proprio sui concetti spazio-attesa: tagli verticali, inizialmente realizzati in successioni multiple e poi unici. Tele monocrome con tagli rettilinei, dove "passa la luce, non c'è bisogno di dipingere". Ma che cos'è l'attesa? È il tempo dell'assenza, che presuppone un presente e un futuro. Un altro grande artista che ha raffigurato con disincantata malinconia questo stato d'animo è il pittore americano Edward Hopper. Esattamente come in queste strane giornate, i suoi personaggi stanno alla finestra, sembrano vivere in solitudine. Ma Hopper non è il pittore della solitudine, quanto piuttosto dell'attesa. Attende chi ha incontrato qualcuno, è solo invece chi non ha mai incontrato nessuno. Nei suoi dipinti il tempo sospeso, la pausa dilatata. Sono opere di un secolo fa ma raccontano il presente.
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