Immigrati o americani? Il romanzo corale di Cristina Enríquez
Un testo per comprendere gli Stati Uniti di oggi, speranza futura per moltissime personePer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Si parla molto del fenomeno dell'immigrazione, delle sue cause, dei suoi effetti sulle società che devono accogliere decine di migliaia di nuovi venuti ogni anno. Si parla molto meno degli immigrati, di chi sono e cosa pensano, di come si trovino a vivere in un nuovo Paese e come riescano a gestire il distacco dalla patria.
Cristina Enríquez nel suo "Anche noi l'America" (NN Editore, 2019, pp. 315, anche e-book), romanzo magistralmente reso in italiano da Roberto Serrai, ci offre l'occasione di ascoltare la voce degli immigrati all'interno di una grande romanzo corale.
Un romanzo che ci fa comprendere più di molti saggi e articoli paludati gli Stati Uniti di oggi, una nazione che nonostante le chiusure e le nuove politiche per limitare l'immigrazione rimane la grande speranza per il futuro per moltissime persone.
Proprio spinti dalla ricerca di questa grande speranza giungono nello stato del Delaware Maribel Rivera e i suoi famigliari. Hanno scelto di lasciare il Messico dove la ragazza ha avuto un grave incidente che rischia di rovinarle l'esistenza. Per i genitori l'unica soluzione è stata quella di emigrare, lasciare la sicurezza della propria casa, abbandonare affetti e amicizie pur di offrire a Maribel la migliore assistenza possibile.
Nel Delaware, però, la giovane fatica a ritrovarsi. In Messico era una ragazza piena di vita ma ora si ritrova a vivere di ricordi e di nostalgie. Non è l'unica, però, a non avere tagliato il cordone ombelicale con la patria. Pian piano, Maribel si accorge che la sua America è fatta di una comunità di immigrati che fatica a guardare avanti, a iniziare sul serio una nuova vita. Giovani, adulti, anziani, uomini e donne sono allora accomunati dalla sensazione di trovarsi bloccati in un limbo, tra un passato che oramai non c'è più e un futuro che non si decide a iniziare. I nuovi venuti rimangono allora per anni, anche per decenni semplicemente degli immigrati, genti quasi di passaggio, con solo un piede sul suolo statunitense e l'altro che fatica a fare il passo decisivo.
Ed è quello che Maribel a un certo punto non vuole più per sé stessa e per la sua famiglia. Ammette, prima di tutto a sé stessa, che "quello che non capivo, quello che avevo capito adesso, all'improvviso, era che se smettevo di andare indietro, di cercare di recuperare il passato, forse c'era un futuro che mi aspettava, che ci aspettava, un futuro che si sarebbe svelato se solo mi fossi voltata a guardarlo". Solo dopo aver acquisito questa consapevolezza lei e tutti i nuovi venuti possono essere l'America.