"Ansimando fuggia la vaporiera mentr'io così piangeva entro il mio cuore...": non è una combinazione, ma un obbligo rievocativo necessario, anteporre due versi del Davanti San Guido carducciano, comprendenti la locomotiva a vapore ed il cruccio del poeta per non aver potuto ottemperare all'invito dei cipressi a fermarsi; la vita deve andare avanti.

Il "Treno", inteso come mezzo di trasporto pubblico, possiede un benefico e straordinario primato: a differenza degli altri (bus, corriera, nave, e peggio di tutti aereo), rimane stampato nella mente anche a decenni di distanza, immutabile, indipendentemente dai modelli susseguitisi. Lo scrivente ricorda il padre per una vita recarsi col primo treno del mattino a San Gavino, per poi proseguire in corriera verso la presidenza scolastica situata ad Arbus, e tornare a casa a sera inoltrata: uno stoicismo ed un amore verso la strada ferrata che esulavano da una rappresentazione di facciata o identificativa.

Sbaglierebbe chi oggi pensasse che gli aerei abbiano preso il sopravvento, giustificato solo per urgenti motivi di lavoro: all'interno, forse per l'abitudine, la noia risulta totale, si sbadiglia mentalmente per non risultare maleducati, e l'unica emozione la provocano le hostess intente con garbo a svolgere le funzioni assegnate.

I ricordi in Sardegna dei treni del passato sono indelebili, dai viaggi nelle ferrovie complementari, fino alle mitiche traversie dei trasferimenti di alcuni giorni con la famiglia da Cagliari a Meana Sardo: interminabile spostamento, ma contentezza estrema.

Che dire poi della famigerata "Freccia Sarda"? Guai offenderla o solo contestarla: d'accordo che spesso, superata Macomer (una stazione che esercitava un fascino particolare di non facile definizione), si fermasse inspiegabilmente in aperta campagna senza motivo apparente; d'accordo che le oltre quattro ore da Cagliari ad Olbia Isola Bianca potessero apparire eccessive, ma c'era la grossa comodità di avere a bordo un addetto della Tirrenia che faceva il biglietto, comprensivo della cabina, per la traversata marittima.

Ma la vera forza del treno l'abbiamo sperimentata andando su e giù per l'Europa con l'InterRail: pochi spiccioli in tasca, bagagli ridotti all'osso, impressionante facilità durante i lunghissimi tragitti di familiarizzare con gli altri viaggiatori, spontanea allegria avente il presupposto di rendere confortevoli e rilassanti anche trasferimenti di due o tre giorni, tramite i collaudatissimi "Alpen Express" e specialmente "Italia Express", che da Roma compiva il tragitto fino a Stoccolma.

Evitando di parlare della pandemia in corso, che tutti ci si augura di breve durata, è lecito chiedersi: è ancora forte in Italia lo spasmodico ricorso all'InterRail? I genitori dovrebbero premere sui figli per favorirne l'uso, allo scopo di allargare il loro evolutivo panorama cognitivo e di conoscenze, considerato il basso costo e soprattutto l'importanza di arrangiarsi da soli, senza alcuna controindicazione, anche per capire appieno gli altri popoli del nostro vecchio continente ed osservare, confrontandosi, mentalità diverse dalle nostre.

Com'è la cinematografia inerente al "treno"? Bella domanda, puntuale risposta: immensa ma non debordante; fuoriuscita, pensata e diretta a favore dell'utenza (quindi di noi spettatori) addirittura negli ultimi anni dell'Ottocento in quello che si ritiene il secondo film degli inventori fratelli Lumiere. Il loro "L'arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat" dura esattamente 50 secondi, ma ha tutti i diritti di essere considerato e catalogato alla stregua di un film.

Difatti i Lumiere scelsero buona parte delle persone che vennero inquadrate nelle immagini, per esempio la loro madre con due pargoli al seguito; scelsero il facchino col rudimentale portabagagli trainante, ma specialmente, un vero capolavoro visti i tempi, azzeccarono alla perfezione la gradazione precisa dove sistemare la macchina da presa, in modo tale, come poi avvenne, da provocare paure e scompigli al pubblico che nelle sale assistevano alla proiezione. Incredibile: fin da questa pellicola i Lumiere avevano scoperto una primordiale "profondità di campo.

Il tema in questione non è solamente comprensivo del convoglio ferroviario con la motrice ed i vagoni, ma si estende anche agli elementi che circondano il treno, a cominciare dalla stazione ferroviaria e relative strutture interne ed esterne delimitanti.

Vorrei portare un esempio attinente: la prima volta che da bambini visitammo Roma, prima ancora dei monumenti fummo colpiti dalla maestosa e per noi surreale Stazione Termini (cui Vittorio De Sica dedicò espressamente un film da lui diretto). Non solo: durante quella primissima esperienza, con un pretesto qualsiasi, si trovava l'occasione di tornare all'interno della stazione per osservare il via-vai frenetico di gente di tutti i colori.

Ecco quindi che nelle stazioni, prima delle partenze o all'arrivo dei treni, si intrecciano vicende di ogni tipo narrate nei film, in genere gioie o malinconie dei protagonisti; ritardi di pochi secondi capaci di cambiare per sempre i destini degli individui; compagni di viaggio sconosciuti che non si vedranno mai più, ma aventi la forza propulsiva di impartire lezioni di vita a opportunisti o cialtroni di ogni risma.

Ma anche, è doveroso citarle, pellicole comiche entrate a buon diritto nella storia del cinema.

Lo scrivente, per operare una scelta che non superi uno spazio eccessivo, ritiene opportuno imporre una selezione "fattiva", eliminando i cosiddetti film spettacolari, anche troppo, noti al pubblico ma privi di alcuna esperienza positiva.

Naturalmente si tratterà di una scelta "soggettiva", come è giusto sia: scopo precipuo è presentare film anche rarissimi, inediti, dedicati anche ad un pubblico desideroso di osservare pellicole che per tutta una serie di ragioni sono rimaste lontane da una costante circolazione. Il treno, infatti, dopo ogni partenza deve arrivare a destinazione: e tale "destinazione" siamo noi, il pubblico nelle sale o a casa nostra.

L'elenco, è una promessa, comprenderà pellicole che rimarranno nella mente degli appassionati della storiografia del settore, i quali non correranno il pericolo di inoltrarsi in un improduttivo "binario morto".

Mario Sconamila

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