Protagonista indiscussa della cultura italiana e Premio Nobel per la Letteratura nel 1926, prima e unica donna a ricevere l'ambito premio, Grazia Deledda è stata esempio di unicità anche nel suo essere donna.

La nostra testata parte da lei per celebrare, fino al prossimo 8 marzo e ogni giorno con una Donna illustre, la Sardegna al femminile.

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IL RITRATTO - L'anno appena concluso ha visto Grazia Deledda fra le protagoniste indiscusse della cultura italiana: ottant’anni dalla morte e novanta dall’assegnazione del Premio Nobel per la Letteratura.

Un'occasione per riscoprire e approfondire la vita e le opere della pensatrice barbaricina, nata a Nuoro nel 1871, autrice di un progetto di promozione della cultura sarda in ogni ambito del sapere. Nell'immediato periodo postunitario, la Deledda ha saputo interpretare, e a tratti anche determinare, un progetto che potesse unire sotto un'unica "nazione culturale" i mille rivoli identitari di ogni regione italiana. E l'ha fatto non solo per il tramite della letteratura, ma anche in veste di drammaturga e giornalista. Preziosa è stata in questo senso la collaborazione con il Corriere della Sera, che sotto la direzione dei fratelli Luigi e Alberto Albertini ebbe la sua fase più feconda: la Deledda si proponeva ai lettori nella duplice veste di sarda e italiana, con un modello culturale che invitava a sentirsi italiani e non cittadini di mille frazioni. Una scelta vincente, come l'Accademia di Stoccolma avrebbe riconosciuto nel 1926; un’operazione di salvaguardia del patrimonio etnologico ed etnolinguistico che il Corriere ha avuto il merito di amplificare.

Il certificato del Nobel per la Letteratura di cui fu insignita la scrittrice (archivio Treccani)
Il certificato del Nobel per la Letteratura di cui fu insignita la scrittrice (archivio Treccani)
Il certificato del Nobel per la Letteratura di cui fu insignita la scrittrice (archivio Treccani)

L'IMPEGNO CIVILE - Al Premio Nobel ha fatto seguito un rinnovato impegno civile, in cui a manifestarsi sempre più marcatamente è stato un atteggiamento senza alcun dubbio antifascista: ne è disceso un bando del Regime per le opere della Deledda, in cui si “suggeriva” ai maggiori librai di non esporre in vetrina i suoi libri, per non dare ulteriore risalto a una scrittrice che aveva scelto di non allinearsi. Quando il Duce in persona la fece convocare per richiederle la stesura di un testo da diffondere nelle scuole, lei si rifiutò: sarebbe stato il figlio Franz a proteggere l’impavida madre dando seguito alla richiesta di Mussolini a suo nome. Nella fierezza di questa decisione, poi seguita dal disagio per l’infamante epiteto di “Maestrina del fascio”, stanno i tratti della femminilità e del femminismo incarnati dalla Deledda, valori ai quali fu lei stessa istintivamente avversa, ma che non possono essere scissi dalla figura di una scrittrice attiva in un periodo storico così difficile per il genere e il “genio” femminile. L’unicità di Grazia Deledda fu infatti anche e soprattutto nel suo essere donna. Donna nel travaglio psicologico dell’amore che l'ha legata per un certo periodo al giovane Emilio Cecchi, o nella sofferenza per il clima di soffocante pregiudizio verso la sua nascente vocazione letteraria raccontata nel romanzo autobiografico Cosima, uscito postumo.

La storia completa sul libro "Sardegna al femminile" dall' 8 marzo in edicola con L’Unione Sarda
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