In origine, era una maledizione: "chi ti curra su buginu" (ma anche "chi ti pighiri su buginu"). Il significato? "Che tu venga perseguitato da su buginu". Poi, "su buginu" è "fuggito via" dalla maledizione e ha cominciato a vivere di vita propria. Chi ti ha rigato l'auto? "Su buginu". Ma chi indica questa strana parola? In alcune parti dell'isola, "su buginu" indica il diavolo mentre, per altri, è il boia. Ma un "pibinco" non si accontenterebbe di chiuderla così.

Chi è un "pibinco"? Ok, è necessario fare un piccolo inciso. Per i calciofili, è una parola nota: "Sa pibinca" era il soprannome di un ex attaccante del Cagliari, Darìo Silva. Un "allumingiu" (soprannome) che nasce agli albori del calcio cagliaritano: circa cento anni fa, quando il pallone cominciava a rotolare nella nostra città, un portuale, Antonio Marras, fondò una squadra, senza però darle un nome: fu un tifoso che la battezzò "Sa pibinca" perché sarebbe dovuta diventare un fastidio per le altre squadre (propositi non confermati dal campo: nel campionato zonale 1928-29, concluse al settimo posto su sette). Comunque, il significato è proprio quello. O quasi: pibincu significa estremamente preciso tanto da diventare fastidioso.

Allora, per fare i "pibinchi", occorre fare un passo indietro nel tempo: secondo qualche studioso, buginu deriverebbe, addirittura, dall'antichissimo termine babilonese ugu (morte) a cui sarebbe stato aggiunto il suffisso sardiano nu (mestiere). Colui che pratica il "mestiere di morte", un boia, praticamente. E questo è il significato nella lingua sarda. Magari è un azzardo tornare così indietro nel tempo. Ma - per essere ancora più pibinchi - anche dal latino arriva una conferma: la bùcina era uno strumento musicale, del gruppo degli ottoni, che veniva usato per dare segnalazioni. Compresa quella di un'esecuzione che stava per essere eseguita dal boia.

Il boia che, in catalano, si chiama botxi e si pronuncia "buxi" (con la x di Mixi o Foxi). E come si traduce in sardo uccidere? Bocciri. Basta? Il carico da novanta arriva dai Savoia. Il 12 novembre 1759 Giovanni Battista Lorenzo Bogino fu nominato ministro per gli Affari di Sardegna, incarico che mantenne per trent'anni. Non il peggiore tra i membri della famiglia reale e i loro collaboratori arrivati nell'Isola: ispirato dalle idee illuministe, è considerato, a ragione, un riformatore. Addirittura, Giovanni Maria Angioy, certamente non un amico dei Savoia, arrivò a dire che quello sotto Bogino fu "l'epoca più gloriosa e brillante per la Casa di Savoia e la più felice occasione per ristabilire in Sardegna la pubblica e privata felicità".

Il fatto è che Bogino dovette affrontare un problema particolarmente serio, il brigantaggio. Adesso, fortunatamente, la civiltà giuridica è cresciuta. Ma allora non si andava troppo per il sottile. Così, alternò (rari, a dire il vero) episodi di magnanimità con provvedimenti decisamente duri. Soprattutto perché a essere colpiti furono poveri contadini e pastori, costretti dalla fame a darsi al brigantaggio. Secondo la tradizione orale tramandata, nei paesi, di padre in figlio, Bogino, per risolvere il problema alla radice, fece innalzare patiboli in tutti i centri perché era troppo macchinoso spostare quello mobile. Così, per chiudere il cerchio, Bogino si ritrovò a praticare il "mestiere di morte". Il boia, appunto. Su buginu.
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