In un panorama dove si rischia poco e si preferisce riecheggiare quello che il pubblico ascolta, l'album di Pietro Sanna è una ventata d'aria diversa, sia musicalmente sia come testi. Si intitola “Il gioco della follia” il nono lavoro del cantautore e chitarrista nato a Roma ma sassarese a tutti gli effetti visto che vive in città dal 1970 e qui ha fondato nel 1995, insieme a Virgilio Zinnarosu, i Sonos de Manos, gruppo storico che ha inciso 4 album.

«Ormai additano come folle chi dice la verità, ma in questo lavoro che reputo quello migliore, più consapevole, parlo della nostra società, anche attraverso temi forti» spiega Pietro Sanna.

Non è un album facile, né scontato, perché è genuino e non costruito per assecondare il già sentito.

Tra le 11 tracce dell'album si parla ad esempio di abuso sui minori, che parte anche dalla famiglia, come evidenzia “Acerba bambina”. La follia è più che mai presente in “Coltello da pesce”, testo scritto come “Mannaro” dall'amico geniale Luca Arteritano, che non c'è più.

Un altro brano spietato è “Gesti frenetici”, che parla di un serial killer e della sua vittima, abusata anche da morta.

Pietro Sanna propone la sua cifra stilistica di sempre, quella che lo fa muovere tra vari generi: reggae, funky, rock, echi di prog e altro, valorizzati dagli arrangiamenti di Gianluca Gadau: «Si è preso tre anni ma per vestire al meglio le canzoni che gli sono piaciuteS.

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