È sempre più stretto, nel solco dei valori del 25 aprile, il rapporto tra Cagliari e Spilamberto, nel modenese.  I due comuni hanno sottoscritto un patto di gemellaggio nel ricordo del partigiano Nino Garau, scomparso il 12 luglio di due anni fa. II sindaco di Spilamberto Umberto Costantini, e il presidente del Consiglio comunale di Cagliari, Edoardo Tocco, hanno siglato il documento che custodisce la memoria  del  ruolo svolto dal combattente antifascista Garau, comandante della brigata “Aldo Casalgrandi”, nella liberazione del territorio della pianura modenese nell’aprile del ’45. Al cagliaritano è stata intitolata la sala del Torrione, sede storica del municipio di Spilamberto. Erano presenti anche i consiglieri comunali di Cagliari, Antonello Angioni e Andrea Dettori, il presidente dell’Anpi cittadina, Gianfranco Meleddu, e il presidente dell’Istituto sardo per la storia dell’antifascismo, Walter Falgio, che ha presentato il libro La resistenza di Geppe (Soter 2021).  

Il gemellaggio tra Cagliari e Spilamberto (foto Rais)
Il gemellaggio tra Cagliari e Spilamberto (foto Rais)
Il gemellaggio tra Cagliari e Spilamberto (foto Rais)

“La mia città sarà sempre grata a Nino Garau – ha commentato il sindaco Costantini – ci ha dato tanto, ci ha dato la libertà. Ha guidato con coraggio i partigiani che liberarono il nostro paese il 22 aprile 1945. Lo chiamavo ogni anno, proprio il 22 aprile, per ringraziarlo, parlavamo di tante cose, era una persona incredibile e di grande spessore. Il Comandante ‘Geppe’ era il comandante dei partigiani e a lui si deve l’organizzazione della Resistenza sul nostro territorio. Il suo ricordo rimarrà sempre con noi come esempio di lotta al Fascismo e testimonianza dei valori costituzionali su cui si basa la nostra Repubblica”. E Nino Garau è stato ricordato anche nell’incontro che si è svolto  a Cagliari, su iniziativa dell’Istituto sardo per l’antifascismo (Issasco) e dell’associazione “Antonio Gramsci”.  È intervenuto lo storico Santo Peli che ha dedicato la sua intensa attività di studio e ricerca alla lotta partigiana.

Come esprimere a un giovane di oggi il senso della Resistenza?

“Per quanto mi riguarda penso alla Resistenza come a una fondamentale cesura della storia nazionale, determinata da una disobbedienza di massa senza precedenti. Per una generazione forgiata nel culto dell'obbedienza e del diritto del più forte, disobbedire e ribellarsi significò rifiutare la retorica guerresca, per riaffermare l'antico principio che il potere non deve averla vinta sulla virtù, per richiamare Claudio Pavone. Come, con quali esiti e limiti questa rivolta si attuò, un giovane d'oggi, come quelli di ieri e di domani, dovrà scoprirlo sobbarcandosi in prima persona uno studio rigoroso, che non può essere surrogato da declamazioni e discorsi retorici e rituali”.

È stata una guerra civile?

“Sì. Non solo, naturalmente. Ma che nel 1943-1945 si riaccenda nuovamente uno scontro mortale tra fascismo e antifascismo mi pare indubitabile”.

La Resistenza è un momento della storia che ancora divide l’Italia. Perché?

“La ricorrente invocazione di una memoria condivisa potrebbe avere successo solo a prezzo di rimuovere quegli elementi di guerra civile di cui abbiamo appena fatto cenno, e di mettere tra parentesi vent'anni di regime fascista, le sue malefatte e il consenso di cui il fascismo ha goduto”.

Il significato del 25 aprile?

“Viste le attuali circostanze, la festa del 25 aprile potrebbe essere un'occasione per ricordare, accanto alla gioia collettiva che salutò la fine dell'occupazione tedesca e della Repubblica sociale italiana, uno dei maggiori lasciti della guerra partigiana, condensato nell'art. 11 della Costituzione: L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali...”.

Un'immagine del 25 aprile (foto Rais)
Un'immagine del 25 aprile (foto Rais)
Un'immagine del 25 aprile (foto Rais)

Nei saggi contenuti nel suo ultimo volume “La necessità, il caso, l’utopia” lei cerca di evitare “il rischio di un approccio idealistico” e il pericolo di inquadrare la Resistenza come un “tempo senza storia”. Come leggere e interpretare correttamente quello che è successo?

“Per evitare il rischio di un approccio idealistico è indispensabile  tenere presente il contesto nel quale diviene possibile “scegliere”, disobbedire, ribellarsi. Il disastroso esito della dittatura ventennale e la decisione di costringere la gioventù italiana, pena la morte, a combattere a fianco di Hitler, non spiegano la guerra partigiana, ma delimitano il contesto storico nel quale essa affonda le radici”.

Appare urgente individuare nuove forme di comunicazione per trasmettere la memoria pubblica della Resistenza e dell’antifascismo. C'è il pericolo che quel patrimonio di valori negli anni possa essere dimenticato?

“Credo che ogni generazione produca dei propri valori (e disvalori). I ‘valori’, più che essere ricordati o dimenticati, possono essere vissuti e attuati, o ignorati e sostituiti da altri valori, né credo che in questo campo gli storici, anche quelli della Resistenza, abbiano un ruolo determinante. Essi devono fare onestamente il proprio mestiere, che poi vengano letti o ignorati non dipende da loro.  Quando penso a “nuove forme di comunicazione” penso in realtà che sarebbe bello trovare tra i i libri ai vertici delle classifiche di vendita le opere di Luigi Meneghello, Beppe Fenoglio, Italo Calvino, Rigoni Stern. Ma credo che sia un sogno irrealizzabile”.

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