Se una guerra nel cuore dell’Europa ci ha colto impreparati, è perché eravamo impegnati nella nostra autodistruzione. Il disarmo strategico dell’Occidente era stato preceduto per anni da un disarmo culturale. L’ideologia dominante, quella che le élite diffondono nelle università, nei media, nella cultura di massa e nello spettacolo, ci impone di demolire ogni autostima, colpevolizzarci, flagellarci. Secondo questa dittatura ideologica non abbiamo più valori da proporre al mondo e alle nuove generazioni, abbiamo solo crimini da espiare. Così Federico Rampini, editorialista di punta del Corriere della Sera, ci racconta la crisi profonda dell’Occidente contemporaneo nel suo ultimo lavoro, “Suicidio occidentale” (Mondadori, 2022, pp. 252, anche e-book), volume che prova a spiegarci perché è tanto sbagliato processare la nostra storia e cancellare i nostri valori.

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

Si tratta di errori madornali come ci racconta proprio Federico Rampini:

“Processare la nostra storia è sbagliato perché il processo a cui mi riferisco – in corso da anni – non è una critica equilibrata e intelligente, è una lunga catena di crimini. Solo l’uomo bianco sembra portatore di ‘tare genetiche’ come il razzismo, la xenofobia, l’istinto di dominio e sopraffazione. Solo noi avremmo saccheggiato il pianeta, sfruttato altri popoli. È una storia manichea, dove tutti gli altri sono vittime e sono fondamentalmente innocenti. Naturalmente questo modo di raccontare la storia è un’impostura, è falso: non esistono civiltà innocenti, lo schiavismo lo praticarono gli aztechi, ne profittarono gli arabi quanto i bianchi. Il risultato di questa autoflagellazione permanente lo abbiamo sotto gli occhi con la tragedia ucraina. Convinti che solo l’imperialismo occidentale era un pericolo non abbiamo visto crescere le minacce di potenze che hanno una lunga storia di aggressione. Il nostro disarmo culturale ha preceduto e imposto il disarmo geopolitico dell’Occidente”.

E perché è sbagliato cancellare i nostri valori?

“Chiediamolo agli ucraini. Sono disposti a rischiare perfino la vita, pur di far parte della famiglia occidentale, di condividere valori di libertà, democrazia, diritti umani. Chiediamolo ai ragazzi di Hong Kong, finiti in carcere per aver contestato il regime liberticida di Xi Jinping, perché sognavano più Occidente in casa loro. Chiediamolo alle donne afghane che durante l’occupazione militare di forze occidentali potevano studiare, ora non più.”

Chi sta “lavorando” per delegittimare l’Occidente e perché?

“Xi Jinping e Putin da anni teorizzano che siamo una civiltà decadente, moribonda, incapace di difendersi. Hanno robusti alleati in casa nostra. La prima delegazione cinese che incontrò il governo americano dopo l’insediamento di Joe Biden lesse interi brani di accuse di Black Lives Matter, il movimento ultrà dell’anti-razzismo che descrive l’America come l’inferno dei diritti umani. La dottrina del politicamente corretto, abbracciata dai colossi del capitalismo digitale, ha contribuito all’impazzimento delle nostre democrazie. Per i miliardari di Wall Street e per quelli della Silicon Valley è di moda salvare il pianeta e promuovere i transgender nei luoghi di lavoro; tutto pur di cancellare la grande questione sociale, una globalizzazione iniqua che ha sventrato la classe operaia e impoverito il ceto medio. Così spingono masse di elettori a votare per Trump o altri populisti, che a loro volta fanno il gioco di Putin.”

Come ci guardano dalla Cina e dalla Russia?

“Come fossimo nel basso Impero romano: viziosi, imbelli, immorali, ormai sprovvisti di senso dello Stato e dell’autorità. Descrivono le nostre democrazie come il regno del caos.”

Stiamo tutti acconsentendo al suicidio dell’Occidente?

“Sì, ogni volta che ci accodiamo alla moda dell’autoflagellazione. Qualunque sciagura si abbatta sul pianeta, il riflesso automatico è cercare le nostre colpe: in parte è un retaggio dell’eurocentrismo, ci illudiamo di essere ancora l’ombelico del mondo, pensiamo che tutto dipenda da noi. Inoltre, rinascono delle antiche tradizioni anti-occidentali che abbiamo sempre coltivato: il fascismo, il comunismo prima di Berlinguer, un pezzo del mondo cattolico hanno sempre odiato l’America e la sua modernità. C’è una cultura anti-occidentale anche nell’ambientalismo estremista, la versione apocalittica di Greta Thunberg, che annuncia la fine del mondo dietro l’angolo e trasuda ostilità verso l’economia di mercato. In realtà l’unica speranza per costruire un’economia pulita, senza emissioni carboniche, è che il capitalismo investa nelle fonti rinnovabili. L’unica speranza dei paesi africani è lo sviluppo, non il pauperismo ecologista predicato da questa religione neopagana che è l’ultra-ambientalismo.”

Vede delle speranze nel futuro occidentale?

“La rivolta della maggioranza contro un’ideologia politicamente corretta che ci viene imposta dall’alto. Il paragone lo faccio, citando illustri studiosi, con la conversione dei romani al cristianesimo: all’inizio fu un’operazione elitaria e autoritaria; però almeno l’imperatore Costantino rispettava la storia di Roma, non la infangava come una catena di crimini. Oggi le forme estreme del politicamente corretto sono state abbracciate dai poteri forti del capitalismo americano (i nuovi miliardari si proclamano ambientalisti, pro-immigrazione, pro-Lgbtq), da Hollywood, dai grandi media, dalle università di élite. Ma quando nelle scuole americane è arrivato l’indottrinamento ideologico che colpevolizza i bambini bianchi come geneticamente razzisti, è scattata una rivolta dei genitori. Gli italo-americani si ribellano ad essere processati come discendenti di un Cristoforo Colombo che viene descritto alla stregua di Hitler, il pianificatore di un genocidio.”

Non ha paura di essere accusato di eccessivo disfattismo, di contribuire in qualche modo alla critica dell’Occidente?

“L’autocritica è una delle forze dell’Occidente, la nostra libertà di parola e di dissenso, anche l’estrema facilità con cui rimettiamo in questione noi stessi, il nostro passato. Questi sono valori di cui dovremmo andare fieri. Invece vedo crescere, anzitutto negli Stati Uniti e in Inghilterra ma sempre più spesso nel resto d’Europa, una forma d’intolleranza. Il politicamente corretto ci viene imposto come un pensiero unico, chi non pronuncia le formule giuste, chi non recita la liturgia comandata, finisce all’indice. È una tendenza totalitaria, che si maschera come una rivoluzione progressista ma non lo è affatto. Nelle università americane – atenei di élite dove la retta annua costa 70.000 dollari – gruppi radicali dettano legge e tolgono la libertà di parola agli altri. Sui social media avanzano forme di censura e di linciaggio. A destra la ribellione è sovversiva e anti-democratica: vedi l’assalto degli ultrà trumpiani al Congresso di Washington il 6 gennaio 2021. Ma la sinistra estremista ha avallato le violenze di Black Lives Matter, e occupa i principali centri del potere culturale dove impone la sua forma di fascismo.”

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