È il 22 maggio del 1978, l'Italia è ancora sotto choc per il ritrovamento del corpo senza vita di Aldo Moro, il partito democristiano fa i conti al proprio interno e il Parlamento emana la legge 194 per la legalizzazione dell'interruzione volontaria di gravidanza, dopo una lunga battaglia referendaria portata avanti da movimenti femministi e Partito Radicale. Un traguardo legislativo, per alcuni, che mette fine alla piaga degli aborti clandestini e alle tante morti, all’epoca delle "mammane", dei viaggi all'estero per evitare il carcere e della condanna sociale senza appello per le donne 'colpevoli' di aver abortito.

Una legge sbagliata e pericolosa per altri, nel mondo cattolico e non solo, che legittima un atto contro la vita e apre un dibattito etico che ancora non si è spento. Per tutti, però, resta uno spartiacque cruciale nella storia del Paese, che ha costretto gli italiani a fare i conti con una realtà innominabile e ha cancellato le leggi del codice penale che punivano con il carcere chi si sottoponesse all'aborto, e insieme chi lo procurasse o ne istigasse la pratica.

In prima fila, nella raccolta delle firme per il referendum e poi nella battaglia in Parlamento, l’allora segretario radicale Gianfranco Spadaccia, Marco Pannella, Adele Faccio ed Emma Bonino, insieme alla testata de L'Espresso. Si raccoglieranno 800mila firme, ma al referendum si preferirà la via legislativa parlamentare e si arriverà così alla legge 194.

Simbolo di quella battaglia, come di tante altre sul fronte dei diritti civili nazionali e internazionali, è stata l'esponente radicale e oggi senatrice Emma Bonino, che proprio da un'esperienza personale e dall'attivismo nel Cisa (Centro d'informazione sulla sterilizzazione e sull'aborto) a sostegno delle donne che volevano abortire in sicurezza, avviò la linea della disobbedienza civile e la sua intensa storia politica.

La piaga degli aborti clandestini era antica, come iniziò la battaglia per la depenalizzazione?

"I radicali conducevano da molto tempo questa campagna per il superamento del Codice penale e nel frattempo, nel '74, era già passato il referendum per il divorzio aprendo tutta una stagione di grande fermento sui diritti civili, mentre sul fronte femminile si erano formati parecchi collettivi, e proprio durante questo periodo di effervescenza scoppiò il caso della clinica di Firenze in cui noi Radicali, con Adele Faccio e il Cisa, accompagnavamo le donne per abortire in sicurezza con il dottor Giorgio Conciani, secondo la linea della disobbedienza civile, del gesto pubblico. Poi, nel gennaio del '75 il giornale di destra Il Borghese fece esplodere lo scandalo e arrestarono me, Gianfranco Spadaccia e Adele Faccio".

Un percorso tormentato per arrivare alla proposta di referendum e poi alla legge 194.

"Nel frattempo i Radicali avevano lanciato con L'Espresso la raccolta di firme per il referendum abrogativo delle leggi che punivano come reato l'aborto, e portavano avanti tutta una serie di campagne di disobbedienza civile, ma pur di evitare il referendum si preferì andare a elezioni anticipate e noi riuscimmo a far eleggere 4 deputati in Parlamento, tra cui io. Il referendum, però, rimase sul tavolo e ancora nel '78, sempre per evitarlo, si trovò un accordo politico attraverso una legge con degli elementi di compromesso, per certi versi anche un po' ipocriti, che consentì alla Dc di lasciarla passare. E così passò la legge nel maggio del '78, in un clima di grande di effervescenza sui diritti civili, una stagione che si portava dietro il voto ai diciottenni, l'obiezione di coscienza e la riforma del diritto di famiglia".

I quattro deputati radicali Emma Bonino, Gianfranco Spadaccia, Adele Faccio e Marco Pannella nel 1976
I quattro deputati radicali Emma Bonino, Gianfranco Spadaccia, Adele Faccio e Marco Pannella nel 1976
I quattro deputati radicali Emma Bonino, Gianfranco Spadaccia, Adele Faccio e Marco Pannella nel 1976

"Imperfetta ma riuscita", come l'ha definita il medico e accademico Carlo Flamigni: è d'accordo?

"Definizione giusta. Restano elementi da cambiare, uno teorico anzitutto, per cui lo stesso atto ha definizioni diverse a seconda del luogo in cui lo fai, se per esempio l'aborto viene praticato in un ospedale pubblico non è reato, o comunque è perdonato, se invece lo fai in una clinica privata rimane reato. Una distinzione che trovo francamente sconcertante".

A rendere difficile l'applicazione della legge incidono anche l'aumento degli obiettori di coscienza (nel 2016 il 70% sul totale dei ginecologi*) e la chiusura di tanti consultori.

"Ci sono questioni da risolvere, certo, a partire dalla questione dell'obiezione di coscienza, talmente diffusa che fa sì in che intere Regioni la legge 194 non possa essere applicata perché mancano i medici non obiettori. Ma c'è anche quella dell'ammodernamento tecnico scientifico della procedura, per cui una tecnica usata ovunque, sicura e molto meno invasiva come l'aborto farmacologico e l'utilizzo dell'Ru486 - la pillola abortiva - nel nostro Paese è ancora pochissimo diffusa. Sono questi gli scogli più importanti per la buona applicazione delle legge".

In merito all'obiezione di coscienza, diritto legittimo, può funzionare la soluzione della Regione Lazio di concorsi per soli medici non obiettori?

"Sì, l'ha fatto anche la Regione Toscana ed è una delle possibili strade per garantire che la legge venga applicata".

Alla questione etica si è spesso affiancata l'accusa di promuovere l'aborto come contraccettivo...

"La questione non è mai stata il 'diritto ad abortire', e io non l'ho mai considerata tale. Il diritto è piuttosto quello alla libertà di scelta sul 'se e quando diventare madre', ed è sicuramente meglio poter decidere con la prevenzione, la pillola o altro. Ma il dato di fatto è che restano comunque numerosi casi in cui non è così e per una donna l'aborto può diventare l'ultima risorsa, mai piacevole, perché sempre e comunque un peso psicologico emotivo molto importante".

Vede il rischio che possa essere messa in discussione?

"Piuttosto quello che la legge così com'è non venga migliorata".

Il rapporto del ministero della Salute sull'attuazione della legge 194 *
Il rapporto del ministero della Salute sull'attuazione della legge 194 *
Il rapporto del ministero della Salute sull'attuazione della legge 194 *

Intanto dagli anni '80 gli aborti sono più che dimezzati e in calo anche tra le categorie più svantaggiate come quelle delle immigrate.

"È la dimostrazione che la legge funziona, che incentiva le donne a usare tecniche contraccettive e in parallelo disincentiva l’aborto, e quello clandestino in particolare, avviando le donne a un percorso di family planning".

I giovani non frequentano i consultori, e sul fronte dell'educazione sessuale e contraccettiva sembriamo ancora in ritardo.

"Si possono educare i giovani anche attraverso altro che non siano i consultori, la scuola in primo luogo, e naturalmente la rete. Si fa abbastanza? Non credo, tutto è migliorabile e del resto nel nostro Paese parlare di educazione sessuale rimane un tabù".

Dall'aborto è partita la sua attività politica, poi una lunga serie di battaglie a favore dei diritti: c'è un filo rosso che le collega?

"Sempre lo stesso: l'assunzione di responsabilità e la libertà di scelta".

L'Italia non è ancora abbastanza laica?

"Non è una questione di laicismo, un paese democratico è un paese dove le leggi consentono la convivenza di credenti, non credenti e diversamente credenti. Punto".

Uno dei manifesti della campagna elettorale di Più Europa recitava "una politica di un altro genere": come sono messe le donne in Italia oggi?

"Dal punto di vista legislativo non ci sono discriminazioni, il problema piuttosto è sempre l'applicazione delle leggi che tutelano la parità, ma ci sono anche superamenti culturali che stentano ad avvenire o perlomeno a farlo in modo diffuso: la donna rimane moglie e madre, una sorta di 'signora dai mille lavori' che si divide tra la gestione domestica, quella dei figli, dei nonni, delle bollette e di qualunque cosa, e se le resta tempo e voglia lavora. Uno stereotipo ancora duro a morire. Anche se, ammetto che cambiamenti ci sono stati e se penso al mio Paese a com'era quando ero ragazza, stento a riconoscerlo".

Emma Bonino negli anni '80 durante una campagna dei Radicali
Emma Bonino negli anni '80 durante una campagna dei Radicali
Emma Bonino negli anni '80 durante una campagna dei Radicali

Oggi vede intorno a sé chi continui queste battaglie civili? Un erede?

"Per carità, non sto cercando eredi, ma vedo la grande attività dell'Associazione Luca Coscioni sul diritto alla morte dignitosa, o quella delle persone che si sono battute per ottenere le unioni civili, solo che non si riesce a creare un movimento di massa come ci fu negli anni '70. Nonostante questo, tutta una serie di battaglie sta andando nella direzione giusta, per il testamento biologico ci abbiamo messo 30 anni ma ci siamo arrivati, e così per le unioni civili: la strada è sempre molto in salita, ci vuole molta tenuta e molta determinazione e spesso anche nel mondo femminile non c'è".

Barbara Miccolupi

(Unioneonline)

* Dati tratti dalla Relazione del Ministero della Salute sull'attuazione della legge contenente norme per la tutela sociale della maternità e per l'interruzione volontaria di gravidanza (Legge 194/1978), dati definitivi 2016.
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