Dove ci porta il peso delle altrui aspettative?
L’incapacità di affrontare i fallimenti al centro del romanzo di Nikolaj PrestiaPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Le piante crescono lentamente, seguendo i ritmi che la natura ha regalato loro dalla notte dei tempi. Sono “programmate” per svolgere compiti semplici, ma fondamentali: incamerare anidride carbonica, rilasciare ossigeno, riprodursi e fornire cibo ad altri esseri viventi. Non hanno fretta, non vivono la competizione. Ad un certo punto della sua vita Marco, il protagonista del romanzo di Nikolaj Prestia La coscienza delle piante (Marsilio, 2024,pp. 192, anche e-book) probabilmente si sente di poter invidiare un vegetale. Anche lui in fondo da anni vegeta, sopravvive ma senza neppure i primordiali obbiettivi di un fiore o un arbusto. Ma come è arrivato a tanto? Marco ce lo racconta in maniera indiretta tramite il flusso dei suoi pensieri poche pagine dopo che lo abbiamo conosciuto. Dopo un attacco di panico, è ricoverato al pronto soccorso. Non riesce a parlare, è confuso, e mentre gli altri ricoverati scandiscono il tempo con i propri lamenti, uno psicologo si prende cura di lui invitandolo a ripercorrere il proprio passato. Marco ha poco tempo, si trova all’ospedale non per caso o perché si è sentito male. La sua compagna sta per partorire e il nostro protagonista sente improvvisamente il peso di tante cose con cui non ha chiuso i conti nel passato: i dolori, le falsità e i fallimenti collezionati durante gli studi universitari a Siena, una relazione precedente che si è chiusa in maniera crudele. Il flusso di coscienza nel quale si immerge grazie allo psicologo viene scandito dalle sue ultime quattro sigarette, con la promessa, a racconto concluso, di smettere di fumare.
Marco, tra una boccata e l’altra, rievoca allora la brillante carriera universitaria, fino a quell’esame non superato che a poco a poco si è trasformato in un disagio emotivo e sociale. Per sfuggire al peso della realtà, ha inventato un mondo parallelo fatto di segreti, bugie, fantasie. Fino a quando ha annunciato al padre e al nonno, gli ultimi superstiti della sua famiglia, che oramai tutto era finito, che potevano raggiungere Siena per festeggiare con lui la sospirata laurea. Solo che la sera prima della proclamazione Marco compra una “cravatta”, nuova ma del tutto particolare, una cravatta di quelle che si legano in alto e che stringono fino a strozzarti, restituendo decuplicato il senso di soffocamento che il giovane prova da anni. Quella sera Marco decide semplicemente di farla finita, ma in modo non scontato e assumendo fino in fondo le proprie responsabilità.
Narrato da Nikolai Prestia con una partecipazione e un pudore antico per le emozioni e le fragilità del protagonista, “La coscienza delle piante” racconta in maniera sincera e a tratti cruda la rabbia di vivere in un’epoca in cui il risultato vale più del percorso, un’epoca in cui la velocità e l’apparenza sono gli unici parametri con cui tutti, più o meno consapevolmente, giudichiamo la realizzazione di un essere umano.
Marco è, infatti, un novello Zeno Cosini, ma senza l’inettitudine del personaggio sveviano. Uno Zeno del terzo millennio che, ponendosi l’obbiettivo di smettere di fumare e di mentire a sé stesso e agli altri, cerca di costruirsi un proprio futuro, facendo i conti in maniera onesta con tutto il disagio di una gioventù contemporanea a perenne rischio di essere schiacciata dalle aspettative e dall’eccesso d’amore altrui.