Le parole di Grazia Villasanta, presidente dell'associazione Circhiòla, introducono il convegno (tenutosi questa mattina) sulle "Condizioni di vita delle donne nell'800", con il quale l'associazione culturale domusnovese che fa della ricerca storica e genealogica la propria missione primaria, ha voluto approfondire il quadro storico e sociale nel quale avvenne il terribile omicidio della non ancora diciasettenne Grazia Raccis, stuprata ed uccisa da un cugino molto più grande di lei nel lontano 13 gennaio del 1895.

Una vicenda praticamente sconosciuta e riportata alla luce solo 4 anni fa grazie al lungo e faticoso lavoro di ricerca dell'associazione che ha dovuto anche misurarsi con la mancanza di atti ufficiali (manca anche quello della sepoltura dato che il funerale non venne mai celebrato). Riavvolgendo il nastro della storia Circhiòla ha restituito alla comunità domusnovese la memoria di una vicenda terribile che vide la giovane, già orfana ed accolta in casa come fill'e anima da una zia, trovare la morte per mano di un cugino orco e che la stuprò ed uccise in una mattina nella quale entrambi si erano recati a procacciare legna sulla sommità di Monti Acqua, il rilievo al di sotto del quale si dipana la grotta di san Giovanni Battista. Nascosto alla bene e meglio dall'omicida (poi arrestato e condannato all'ergastolo) il corpo martoriato della giovane venne rinvenuto fortuitamente solo mesi dopo il decesso in un anfratto a 520 metri d'altezza che da allora ha preso il nome di "S'accorru de Grazia Raccis". In quello stesso anfratto, fin dal giugno 2019, una targa apposta da Circhiòla commemora Grazia Raccis.

La vicenda è stata nuovamente ricordata oggi nell'incontro tenutosi nella biblioteca comunale, con il quale l'associazione culturale ha voluto ricostruire la difficile condizione delle donne nel periodo a cavallo tra '800 e '900. «Oggi per noi è scontato pensare a donne che ricoprono ruoli importanti nella società ma come ben sappiamo non è sempre stato così», ha detto la sindaca Isangela Mascia, che ha coordinato il convegno facendo anche un piccolo excursus storico sulla faticosa conquista dei diritti da parte delle donne. Maria Dolores Dessì, storica e ricercatrice, si è soffermata sull'economia e sulla vita sociale della Domusnovas di fine '800. «Un paese di appena 2.500 abitanti (oggi circa 6 mila) che occupava 241 ettari di superficie e nel quale agricoltura e allevamento iniziavano sempre più a far spazio all'attività mineraria con l'estrazione di piombo e zinco soprattutto nelle miniere di Sa Duchessa e Reigraxius». I mestieri maggiormente praticati (minatori, carbonai, merciai, macellai, scarpari, mugnai, fabbri, carrai), le feste patronali (quella dell'Assunta e di Sant'Ignazio da Laconi usate anche per permettere a ragazzi e ragazze di consocersi), il ricordo del facente funzioni dell'epoca Lorenzo Cerutti (non esisteva ancora il sindaco), del notaio (Antonio Pittau), la nascita della prima fonderia impiantata da Enrico Serpieri, e della prima fabbrica di polvere pirica (che riforniva le miniere della zona) hanno impreziosito l'intervento della storica che ha passato poi il microfono alla scrittrice Iride Peis per un approfondimento sul mestiere delle cernitrici di miniera.

«Le donne sono entrate nelle miniere a partire da metà '800 grazie all'intuizione di un ingegnere che notò la loro abilità nel trattare i cereali e fece sì che in breve divennero le uniche ad occuparsi della selezione dei minerali. Ricevere una paga (di media la metà di quella di un uomo) per chi era abituata a lavorare in casa o nei campi senza alcuna retribuzione, fu una rivoluzione che portò, però, con sè tutta una serie di altri problemi: la fame, il freddo, le durissime condizioni di lavoro, l'assenza di qualsiasi legge o tutela, la necessità di far lavorare spessissimo anche i figli, la promiscuità dei villaggi di miniera e la conseguente nascita di tantissimi fillusu de miniera, furono il risvolto più negativo di questa conquista».

Archivista e paleografa, Daniela Aretino, si è focalizzata sul tema delle "Maestre di miniera" ricordando la dura vita delle scuole miste ricavate nei villaggi di miniera dove le costanti erano «povertà, carenza di cibo e vestiario, malaria e la continua lotta con le famiglie che per necessità erano costrette a mandare i figli al lavoro e non a scuola».

Strettamente legato al lavoro delle miniere anche l'approfondimento sul ruolo delle prostitute fatto dall'archeologa Grazia Villani. "Un mestiere ancora più esecrato in un'epoca nella quale anche per via della pseudo scienza introdotta da Cesare Lombroso qualunque crimine e nefandezza venivano attribuiti alle prostitute. Prostitute che nel 1860, per volere di Cavour iniziarono ad affollare le prime case di tolleranza, adottate come soluzione alla piaga della sifide che falcidiava tantissimi uomini. Bordelli legalizzati che in breve videro la luce a Cagliari, Iglesias, Oristano e nei quali finivano anche bambine di soli 9 anni spesso anche per via della estrema miseria patita dalle loro famiglie».

Referente dell'associazione nazionale "Toponomastica Femminile", Agnese Onnis ha illustrato la lunga e faticosa battaglia dell'associazione per un maggior riconoscimento delle donne nell'intitolazione di vie e piazze. «Nonostante una piccola inversione di tendenza ancora oggi la media nazionale di spazi urbani intitolati a donne si attesta tra il 3 e il 5 per cento, mentre la media di quelli intitolati agli uomini è del 40 per cento. Restituire spazio pubblico alle donne è fondamentale dato che significa anche riconoscerne il ruolo e l'importanza nella società». Il convegno si è poi concluso con l'appuntamento dato a tutti da Grazia Villasanta per il 17 giugno, quando una piazza di Domusnovas verrà intitolata a Grazia Raccis. Sabato 27 maggio invece, l'associazione Circhiòla organizzerà l'annuale escursione verso s'Accorru de Grazia Raccis per omaggiare e portare un mazzo di fiori al capezzale della sfortunata giovane.                      

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