Simone Perotti è uno scrittore ma prima di tutto un marinaio. Lo è diventato dal 2008 quando ha scelto di abbandonare una avviata carriera di manager per dedicarsi corpo e, soprattutto, anima al mare, alle vele e alla scrittura.

Nel suo ultimo libro "Atlante delle isole del Mediterraneo" (Bompiani, 2017, euro 25, pp. 144. Anche Ebook) Perotti ha deciso di raccontare quello che i Romani chiamavano il Mare Nostrum come un grande mistero.

Un mistero da scoprire poco a poco, approdo dopo approdo attraverso storie, navigazioni, isole e arcipelaghi. Ne è nato un resoconto che sa di marineria antica, di vele al vento e di sguardi all’orizzonte a osservare l’arrivo di una tempesta oppure di una feluca di pirati saraceni. Un resoconto che fa veramente venir voglia di mollar gli ormeggi e di far diventare il Mediterraneo e le sue acque la propria casa, un po’ come è successo all'autore:

"Il Mediterraneo per me è un luogo familiare. Una casa. In cui alcune stanze sono meno note, ancora da scoprire. Ma pur sempre proprie, amate. Il Mediterraneo è una forma di pensiero, di appartenenza, di speranza. Ogni cosa che io concepisco come essenziale ha cittadinanza qui. Non solo qui, naturalmente, il mondo è grande, ma certamente qui ce l’ha. Sto ancora cercando di capire, devo ancora molto studiare, ma vivere dentro il Mediterraneo, veramente, non solo a parole, mi sta dando moltissimo, mi sta offrendo spunti, pensieri, ricchezza per la mente e per l’anima. Il Mediterraneo, viverlo, è un ottimo deterrente contro il tedio, l’assenza di senso, la follia".

E le isole cosa le hanno insegnato, cosa ha scoperto di nuovo “incontrandole”?

"Mi hanno offerto l’occasione di conoscere davvero l’anima del Mediterraneo. Quella che nei paesi costieri si è assai spesso perduta. E anche nelle grandi città-porto, dove invece ero certo d’incontrarla. E invece le isole, soprattutto quelle piccole, sono tra gli ultimi luoghi separati dal mondo quanto basta per restare autentici. Lì ho scoperto in nuce quel Mediterraneo che quasi dovunque sembra scomparso. Da lì dobbiamo ripartire. Lo stile di vita, il silenzio, la solitudine, la piccola attività locale, l’attesa, il tempo rarefatto... mancano all’uomo di terraferma in modo straordinario. Dalle isole dobbiamo imparare ancora molto. Una grande opportunità, che in pochi colgono".

Perché navigare ha ancora un senso in un secolo ipertecnologico come il nostro XXI?

"Perché è comunque un’azione faticosa, rischiosa, anche oggi, un gesto che va fatto con umiltà e cura, ispirandosi a una tradizione millenaria, che ha valore. E perché navigare è azione lenta, che consente di pensare, di agognare la meta, di desiderare di salpare sapendo che non sarà possibile farlo quando si vuole. Navigare somiglia a vivere, da questo punto di vista. Il contrario della virtualità e dei voli supersonici".

Ha toccato anche le terre sarde in questo viaggio? L’ha colpita qualcosa in particolare?

"Nel mio viaggio la Sardegna è ancora in prua, ci arriveremo nel 2019 venendo dal Portogallo, dalla Spagna, dalla Francia. Ma ho navigato tanto in Sardegna, la conosco molto bene. Per me, al di là della sua straordinaria, unica bellezza, era e resta la terra degli Shardana, straordinari navigatori di migliaia e migliaia di anni prima di Cristo. Progenitori della razza navigante, arditi, evoluti, coraggiosi. Il loro elmo con le piccole corna e al centro un disco era simbolo di téchne e di organizzazione nautica. Nessuno poteva sottovalutare il loro coraggio marino, la loro capacità di interpretare il mare e il vento. Neppure gli Etruschi, grandi navigatori e acerrimi nemici. Uomini di mare del Tirreno, gli Shardana, troppo spesso dimenticati, abitanti primigeni del mio mare d’elezione che guardo nella memoria e negli studi con ammirazione. Vorrei che i sardi sentissero quella eredità del mare".

Per usare le parole di Joseph Conrad, dopo il Mediterraneo e questo Atlante, “dove vorresti andare da grande”?‎

"In una delle migliaia di isole del Mediterraneo. L’isola che c'è, quella dove ho sentito una risonanza mia, originale, unica. L’isola che cercavo, e che forse mi aspettava. Chissà".

La copertina
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