Subito dopo questa intervista, il professor Carlo Cottarelli è stato chiamato dal Quirinale per una urgente consultazione relativamente alla formazione di un Governo tecnico, di cui si saprà qualcosa di più nella giornata di oggi, a seguito della rinuncia di Giuseppe Conte, incaricato dal Capo dello Stato su indicazione di Lega e Movimento 5 Stelle.

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L'economista Carlo Cottarelli ha in programma la Sardegna, nel suo "tour" culturale di questa estate in cui parlerà del tema più che mai attuale per la politica italiana e per i cittadini. Lo farà in occasione della presentazine del suo ultimo libro, “I sette peccati dell’economia italiana” (Feltrinelli), parlando della sua produzione letteraria, sempre dedicata a temi economici, alcuni scritti in lingua inglese.

Un lavoro intenso per spiegare agli italiani le varie problematiche dell’intricato mondo dell’economia e del mercato monetario internazionale, un universo, per certi versi affascinante anche per chi non è avvezzo alla matematica, che comanda e controlla la vita quotidiani dei cittadini contribuenti.

Carlo Cottarelli è oggi direttore dell’Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica di Milano, dopo una vita di lavoro ed una brillante carriera al Fondo Monetario Internazionale chiusa con l'importante incarico di Direttore del Dipartimento Affari Fiscali.

È probabilmente l’unico super dirigente in Italia, ma forse a livello mondiale anche se non ci sono dati certi, ad aver proposto la riduzione del suo compenso annuo suggerendo una norma che introduceva il tetto massimo dei compensi dei dirigenti e manager del comparto pubblico a 240.000 euro annui.

Una misura legislativa che in concreto ha tagliato anche il suo compenso e che oggi viene aggirata, in alcuni settori, grazie a interpretazioni estensive relativamente alla terminologia utilizzata nella norma medesima.

L’economista cremonese diventa noto al grande pubblico per essere stato nominato Commissario straordinario per la Revisione della spesa pubblica dal Governo Letta.

Questa esperienza lo fa apprezzare dalla platea televisiva e dai cittadini che vedono in lui un autentico paladino del risanamento dei conti pubblici italiani.

Dottor Cottarelli, l’Italia riuscirà un giorno a ridurre il debito pubblico e a tagliare le spese improduttive, e con quali mezzi potrà raggiungere l’obiettivo?

"Dipende da noi. Mi sono convinto che, in ultima analisi, se il debito pubblico è troppo alto e se non si riescono a tagliare le spese improduttive non è solo colpa dei “politici” che devono vincere le prossime elezioni, ma del fatto che nell’opinione pubblica, fatta dei cittadini che eleggono quei politici, non c’è abbastanza consapevolezza del fatto che un debito pubblico troppo alto e una spesa pubblica improduttiva ci fanno male. È per questo che ho aperto un Osservatorio sui conti pubblici: per sensibilizzare l’opinione pubblica su questi temi".

Ogni tanto si introducono degli spauracchi tecnico-economici che sembrano generare paura tra l’opinione pubblica anche se pochi ne capiscono il significato. Il più noto è lo spread che fino alla caduta del Governo Berlusconi era sconosciuto ai più. Può spiegarci quando nasce questo parametro e perché diventa così importante in quella precisa fase politica?

"Lo spread è la differenza tra il tasso di interesse che lo Stato italiano deve pagare e quello che lo stato tedesco deve pagare quando emettono titoli. Visto che investire in titoli di Stato tedeschi ha rischio zero (vista la solidità dei conti pubblici della Germania), lo spread misura il grado di rischio che c’è (nella percezione degli investitori) nel comprare titoli italiani. Questo spread è stato più usato dopo che siamo entrati nell’euro perché prima la differenza tra i tassi di interesse misurava anche altre cose (in particolare la svalutazione prevista della lira rispetto al marco tedesco). Ora, visto che titoli italiani e tedeschi sono denominati nella stessa valuta, lo spread misura direttamente il rischio di investire in titoli italiani".

Anche il patto di stabilità è entrato nel linguaggio comune da poco tempo, pur essendo stato stipulato nel 1997. Una normativa che crea più problemi o più vantaggi per i cittadini nella vita quotidiana?

"Il patto di stabilità è un insieme di regole che vincolano la gestione dei conti pubblici dei paesi europei. È normale che esistano regole di questo tipo all’interno di un’area monetaria come quella dell’euro, perché quello che accade nei conti pubblici di un paese dell’area influenza pesantemente quello che accade anche in altri paesi (basti pensare a quello che è successo dopo la crisi greca). Le regole attuali possono essere migliorate (fra l’altro sono estremamente complicate), ma secondo me, se le seguissimo, la nostra economia andrebbe meglio perché migliorando i conti pubblici, come le regole ci richiedono di fare, non saremmo sempre in balia dell’umore dei mercati finanziari, si ridurrebbe l’incertezza sulle prospettive economiche e sarebbe più facile investire nel nostro paese e crescere. Insomma, dobbiamo migliorare i conti pubblici (in modo graduale e senza esagerare) perché è nel nostro interesse ridurre il debito pubblico e non perché ci sono le regole europee. E dovremmo farlo anche se fossimo fuori dall’euro, al contrario di quello che alcuni sostengono".

Cosa ricorda dell’esperienza quale Commissario per la Revisione della spesa pubblica per conto del Governo Letta (per quattro mesi) e del Governo Renzi (per altri otto mesi)?

"Prima di tutto ricordo la pesantezza del lavoro! Ho passato 4-6 mesi a pensare giorno e notte a cosa si poteva fare per evitare di sprecare soldi pubblici. La seconda cosa che ricordo è la difficoltà del lavoro e talvolta il senso di isolamento rispetto al mondo della politica e della burocrazia romana. Ma ricordo anche tanti bravi funzionari pubblici che mi aiutavano e l’impressione che l’opinione pubblica apprezzasse il mio lavoro".

È guerra di cifre sul costo dei punti del contratto come proposto dall’asse programmatica Salvini Di Maio che non è riuscita a prendere forma. A prescindere dalla quantità di miliardi che sarebbero stati necessari per sostenerla, le entrate corrispondenti esistono o era necessario ricorrere ad aumentare il debito pubblico?

"Non c’è dubbio che se si fosse attuato il programma ci sarebbe stato un aumento del debito pubblico in termini assoluti e anche rispetto al Pil (il reddito dell’economia italiana). Gli autori del programma contavano sul fatto che spendendo di più e tagliando le tasse il Pil sarebbe aumentato e che quindi il rapporto tra deficit e Pil sarebbe sceso. Ma non conosco un paese che sia riuscito a ridurre il rapporto tra debito pubblico e Pil in modo stabile aumentando il deficit pubblico, cioè quanto lo stato prende a prestito".

Il cittadino medio, cioè la quasi totalità degli abitanti del nostro Belpaese, ha la percezione di quanto guadagna mensilmente e di eventuali piccoli depositi e scorte nei propri conti bancari. Finiti quelli farà ricorso a prestiti che banche o finanziarie concederanno solo a determinate condizioni. Come funziona invece per uno Stato? Perché può indebitarsi all’infinito?

"Infatti non può indebitarsi all’infinito, almeno non rispetto alla dimensione dell’economia, cioè al Pil. Arrivati a certi livelli del rapporto tra debito pubblico e Pil, gli investitori si chiedono se lo Stato sarà in grado di ripagarli senza dover prendere a prestito altri soldi (oppure stampando moneta, il che, alla lunga, creerebbe svalutazione e inflazione). Se si supera quel livello, gli investitori chiedono di essere ricompensati con un tasso di interesse più alto per affrontare il rischio di non essere ripagati. Ma siccome un tasso di interesse elevato fa aumentare ulteriormente la spesa pubblica, a un certo punto smettono di investire e il governo resta senza soldi. Questo è quello che è successo dopo il 2010 ad alcuni stati europei che sono dovuti andare a bussare alle porte del Fondo Monetario Internazionale perché non riuscivano più a trovare risparmiatori privati che prestassero loro soldi".

Cosa troverà un lettore nei suoi volumi? Capirà qualcosa in più di questo mondo così complesso?

"Spero proprio di sì. Il mio obbiettivo è stato proprio quello di scrivere libri su temi complessi nel modo più semplice possibile".

L.P.

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IL LIBRO

La copertina del libro del prof. Cottarelli
La copertina del libro del prof. Cottarelli
La copertina del libro del prof. Cottarelli

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IL DISCORSO AL COLLE:

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