Fino a qualche secolo fa lo zucchero era un lusso per pochi, soprattutto in Europa dove non era possibile coltivare le canne con cui produrre questa sostanza. Nel bacino del Mediterraneo il sapore dolce era garantito solo dal miele e il poco zucchero disponibile, importato da Oriente assieme alle spezie più pregiate, veniva prescritto dai medici per curare le febbri e le malattie dei bronchi. Ma anche in Asia, dove lo zucchero bianco cominciò a essere prodotto con tecniche molto raffinate circa 1500 anni fa, il suo consumo era riservato per i banchetti più lussuosi delle élite cinesi e indiane.

Poi le cose cambiarono, quasi improvvisamente. A partire dal Cinquecento gli europei si spinsero con le loro navi sempre più lontano e scoprirono che le terre dell’America latina e dei Caraibi avevano le caratteristiche ideali per coltivare le canne da zucchero su vasta scala, in piantagioni immense. I guadagni dei proprietari di queste distese di canne divennero enormi, anche perché la manodopera era praticamente a costo zero. Nelle piantagioni, infatti, vennero deportati per lavorare in condizioni disumane milioni di schiavi africani.

L’Europa cominciò a essere inondata di zucchero, dando il via a una rivoluzione dei gusti alimentari che ancora ci accompagna. Una rivoluzione “dolce”, ma dal forte retrogusto amaro perché produrre zucchero significa ancora oggi sfruttamento dei lavoratori nei Paesi produttori, devastazioni ambientali per estendere le coltivazioni, per non parlare dei danni alla salute legati all’abuso di questa sostanza nell’alimentazione moderna.

Quella dello zucchero è quindi una storia per nulla scontata, una storia d'ingegno e potenza che nasconde un lato oscuro fatto di sfruttamento, razzismo e distruzione ambientale come ci racconta Ulbe Bosma nel suo saggio “Il mondo dello zucchero” (Einaudi, 2024, euro 34, pp. 536. Anche Ebook). Lo storico olandese, infatti, non si limita a ricordarci come questa sostanza dolcificante si sia progressivamente diffusa sulle nostre tavole. Usa la crescita della presenza dello zucchero nella nostra vita e nella nostra alimentazione per osservare e capire meglio la nostra storia e il mondo in cui viviamo. Il libro di Bosma racconta così una lunga vicenda che ha coinvolto milioni di persone impegnate in un lavoro massacrante, nelle piantagioni e negli zuccherifici. Narra la resistenza dei lavoratori alle disumane condizioni imposte dai grandi produttori di zucchero e la scelta di tanti piccoli coltivatori di continuare a produrre questa dolce sostanza in maniera tradizionale, senza un impatto eccessivo sull’ambiente.

Bosma non dimentica, però, che la storia dello zucchero è una vicenda anche esaltante, che ha portato gli esseri umani a perfezionare l’arte di fabbricare questa sostanza, ponendo la creatività delle lavorazioni artigianali, le intuizioni dei produttori antichi e i miracoli della chimica al servizio di progetti industriali e commerciali ambiziosi, anche se troppo spesso privi di scrupoli. Lo zucchero è al centro di interessi economici e commerciali enormi, interessi controllati da poche grandi multinazionali e da vere e proprie dinastie di grandi produttori, entità potenti capaci di influenzare le scelte di governi e organismi internazionali. Il risultato è che quello che dovrebbe essere un lusso da concedersi con parsimonia abbonda, con conseguenze pesanti sulla salute umana dato che lo zucchero è tra le cause principali di patologie legate all’obesità.

Bosma non criminalizza questa sostanza, che rimane un elemento essenziale per il nostro benessere. Lo zucchero è la benzina delle nostre cellule perché è il principale nutrimento che usano per il loro metabolismo. Oggi però di zucchero se ne trova troppo negli alimenti che consumiamo senza neppure accorgerci della sua presenza come accade con il pane, la pasta, le verdure, la frutta, il latte, sotto forma di maltosio, glucosio, fruttosio, saccarosio, lattosio. A questo si deve aggiungere l’eccessiva quantità di zucchero presente nei prodotti industriali. Così un americano consuma in media circa sessanta chili di zucchero all’anno e un europeo circa quaranta. Se ogni abitante del globo avesse consumi di zucchero di questo tipo non ci sarebbe speranza per l’umanità: dovremmo convertite tutte le terre coltivabili a canna e barbabietola da zucchero e probabilmente neppure basterebbe. Un tema su cui riflettere e non poco nel momento in cui parliamo di sostenibilità dei nostri comportamenti.

La copertina
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