«Mi pare che la vita, purtroppo, sia fatta di esami e di processi, che son poi la stessa cosa, due facce della stessa società autoritaria e repressiva che ci siamo costruiti intorno non so per quale follia».  Così Luciano Bianciardi nella lettera alla figlia Luciana nel luglio del 1970. Lo scrittore, che aveva molteplici interessi, è nato cento anni fa, il 14 dicembre 1922, a Grosseto. Una ricorrenza che rinnova il ricordo di un intellettuale che si è cimentato con la letteratura, il giornalismo, le traduzioni ma è stato anche bibliotecario e critico televisivo. Ha indagato  sul mondo dei libri, sull’industria culturale e sulle trasformazioni della società italiana negli anni Sessanta.  La sua opera più conosciuta è “La vita agra”,  in cui manifesta la sua rabbia verso quella società “economicamente miracolosa”. 

Lo scudetto del Cagliari

Luciano Bianciardi, che nella sua vita professionale non si è mai fermato, ha dedicato attenzione anche alle vicende sportive del Cagliari che nel 1970 vince lo scudetto. Per il settimanale “Epoca” scrive un reportage su quella squadra e sui leader di quel gruppo straordinario. «Il discorso – scrive – prese l’avvio un sabato dopo cena, cioè alla vigilia dell’incontro, il quartultimo di campionato, Cagliari-Palermo. Un incontro ovviamente difficile, fra una squadra sull’orlo della serie B e una che voleva vincere lo scudetto».

Scopigno e Bianciardi (foto Rais)
Scopigno e Bianciardi (foto Rais)
Scopigno e Bianciardi (foto Rais)

Ecco la conversazione notturna con Scopigno. Parlano di Hegel, Gershwin, Schubert e Guttuso e anche di calcio. Non mancano whisky, per Bianciardi, e vodka per Scopigno. Il ritratto del “filosofo”: «La prima cosa che colpisce è la faccia. È facile dire che questa dinanzi a te è la faccia di un etrusco: ma, siccome io affermo che gli etruschi non sono mai esistiti, preferisco dire che questa è la faccia di un italiano antico, di quelli nati e rimasti nel cuore della penisola, prima, molto prima che arrivassero i romani con le quadrate legioni, le strade e i pretori. Una faccia lavorata dalla consapevolezza, dall’ironia, insomma dalla storia».

Bianciardi scriverà ancora per celebrare il primo scudetto: «E allora sotto, diamolo questo scudetto al Cagliari, alla Sardegna a cui tante, troppe cose son state negate. La brigata Sassari, cento volte rifatta durante la prima guerra mondiale. La promessa dei pascoli ai pastori. Le faide secolari, il Continente che si succhia le energie migliori, i cervelli più fini. Lo so, lo scudetto sulla maglia, accanto ai quattro mori bendati, è un ben povero compenso». Torna sull’argomento in un articolo pubblicato su il Guerin Sportivo: “La professione sbagliata della mamma Scopigno”.

La cena alla Fiera

Lo scrittore partecipa con entusiasmo alla festa per il tricolore alla Fiera campionaria. Ci sono anche i colleghi Ameri, Ghirelli e Giglio Panza. A cena mangiano «bottarga, salame, prosciutto, totani, muggine con maionese, aragosta e poi ahimé trippa in umido, sospiri di Ozieri e fichidindia». Bianciardi e Scopigno si confrontano su temi letterari. «Ti consiglio Lamento di Portnoy di Philip Roth», gli dice il grossetano. «L’ho già letto», risponde l’allenatore campione d’Italia.

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